Uscita Settima – Epidemiologia dell’alcolismo

Alcolisti Brescia

1.7.a – Capito settimo

Introduzione Giuseppe Corlito – psichiatra, psicoterapeuta – Servitore insegnante di Club.

L’epidemiologia, come dice l’etimologia della parola stessa, (è la disciplina biomedica con la quale si studiano la distribuzione e la frequenza delle malattie ed eventi di rilevanza sanitaria nella popolazione).

Avvalendosi della statistica, collabora con altre discipline come la medicina preventiva e clinica, la demografia, la sociologia. Si occupa di analizzare le cause, il decorso e le conseguenze delle malattie), è il discorso scientifico sulle epidemie ed è il modo in cui il discorso medico ha avuto il principale accesso all’ambito scientifico, emancipandosi almeno in parte dallo stato di arte <cioè, a livello delle più avanzate conoscenze scientifiche e tecniche attuali> (M. Foucault, Nascita della clinica, Torino, Einaudi, 1963).

Essa, permettendo l’introduzione in ambito medico, psicologico e sociologico della statistica, permette la possibilità di una raccolta e interpretazione matematica dei dati, sottraendola all’aneddotica della raccolta dei casi singoli, la cui sovrapposizione nello sguardo del medico formava l’antichissimo «occhio clinico», affidato al talento individuale.

L’approccio epidemiologico ai temi della salute mentale, della psichiatria e dell’alcologia che per Hudolin furono sempre limitrofi e interconnessi, fu un suo interesse principale.

Egli ricordava sempre che i problemi alcolcorrelati sono ad alta incidenza e ad alta prevalenza, le quali sono appunto misure epidemiologiche, che indicano l’insorgere di nuovi casi nella comunità e rispettivamente l’accumularsi di vecchi e nuovi casi.

Ricordava che l’alcologia e la psichiatria dovessero fare i conti con «i grandi numeri».

Quindi l’interesse epidemiologico di Hudolin, come di tutti gli psichiatri sociali, che si erano formati con la sua generazione nell’immediato dopoguerra, è un interesse precipuo a conoscere la dimensione sociale dei problemi della salute mentale, compresi quelli alcologici, in particolare alla specifica conoscenza della comunità sociale e all’attenta programmazione dei servizi pubblici a cui la salute e il benessere della comunità sono affidati.

Del resto la migliore tradizione italiana nel campo della psichiatria sociale ha avuto nella rivista del gruppo di Verona di Michele Tansella, recentemente scomparso, la sua migliore espressione con il nome di Epidemiologia e Psichiatria Sociale.

Ricordiamo che Verona, era ed è l’unico centro universitario che si è occupò di costruire un servizio alternativo al manicomio.

Oggi EPS è una rivista riconosciuta internazionalmente e pubblicata dall’università di Cambridge, oltre a rimanere la rivista ufficiale della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica, il cui primo presidente, Eugenio Torre, usava dire che sono i numeri a servire gli uomini e non viceversa.

Hudolin sta su questa linea di pensiero, quando scrive che le ricerche epidemiologiche servono a programmare i servizi e servono anche a valutarli, che sono i due fulcri intorno ai quali ruota questa capitolo. In tal senso egli riporta nel capitolo l’esperienza del Registro Croato degli alcolisti ospedalizzati, che in vent’anni di attività (1965-1985) sotto la sua guida ha raccolto la messe enorme di dati che viene qui di seguito riportata.

Altrettanto interesse Hudolin dimostrava per le ricerche epidemiologiche di tipo valutativo, pur ritenendole molto difficili da realizzare.

Dobbiamo a lui e alla collaborazione con Pierluigi Morosini, direttore del laboratorio di epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità, l’elegante disegno di uno degli studi di coorte più ampi concepiti in campo alcologico (820 partecipanti), che dimostra la sicura efficacia del metodo fondato sui Club degli Alcolisti in Trattamento (oggi Club Alcologici Territoriali) e i suoi risultati più durevoli nel tempo e più rilevanti di molti approcci professionali (VALCAT).

Con atteggiamento analogo di rispetto delle esperienze più modeste, Hudolin sosteneva attivamente anche le più piccole indagini condotte dalle famiglie dei Club, avviando una forma di ricerca quantitativa e qualitativa autogestita, che poi negli anni successivi si affermerà nel campo dell’autovalutazione dei servizi da parte dei propri utenti e che metterà capo all’esperienza della Banca Dati Nazionale dei Club Alcologici Territoriali,

La fonte di tutti i dati più aggiornati sui programmi alcologici territoriali, é la base della prossima ricerca sui Club promossa dall’AICAT in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, che è in fase di avvio mentre questa nuova edizione del Manuale va in stampa .

Quindi l’epidemiologia dell’alcolismo, come si diceva allora, è una parte centrale della parte del Manuale riguardante i «Concetti generali» dell’alcologia e porta in luce l’origine di tutto il discorso metodologico di Hudolin, in particolare il rapporto tra epidemiologia e psichiatria sociale, che è la sua matrice scientifica principale.

La necessità di fondare i programmi alcologici territoriali su dati certi ricavati dalla comunità sociale di riferimento e l’altrettanto decisiva capacità di valutarne scientificamente l’efficacia dal punto di vista dei cittadini di quella comunità e degli esseri umani in generale.

1.7.b – Capitolo settimo Hudolin

Considerazioni generali

L’alcolismo, nelle statistiche mondiali, si trova al terzo posto tra le cause di morte, subito dopo le malattie cardiovascolari e i tumori. I libri e le pubblicazioni sui diversi aspetti delle ricerche epidemiologiche sono numerosissimi; alcuni Paesi, come ad esempio, la Finlandia, pubblicano annualmente i dati sulla produzione e sul consumo degli alcolici (NdR Il riferimento —stanti le classificazioni internazionali delle malattie a cui faceva riferimento Hudolin all’epoca in cui scrisse il Manuale— è alla diagnosi di «alcolismo», che Hudolin riteneva già allora superata (Vl. Hudolin, Ecologia sociale, spiritualità antropologica e problemi multidimensionali, Atti del terzo congresso di Assisi, 1995, pp. 31-32). Da allora molti Paesi, compresa l’Italia, annualmente rilevano i consumi di alcol (si vedano i rapporti dell’OSFAD, l’Osservatorio dell’Istituto Superiore di Sanità, diretto da Emanuele Scafato).

Nella Repubblica Federale Tedesca, circa il 3% della popolazione, cioè 1.800.000 persone, secondo Feuerlein G., è composto da alcolisti. Interessanti sono i dati dei Paesi in cui i disturbi alcolcorrelati

(NdR A conferma di quanto detto nella nota precedente Hudolin qui ricorre alla più recente definizione del problema della sua epoca («disturbo da uso di sostanze» — in inglese disorder — è la terminologia adottata dal DSM-III, il Manuale Diagnostico e Statistico dell’Associazione degli Psichiatri Americani del 1980) sono particolarmente gravi. Per quanto riguarda l’Ungheria, ad esempio, Peter A. (1989) sostiene che su una popolazione di 10 milioni di abitanti, un milione e mezzo sono alcolisti, e un numero imprecisato di persone sono gravemente a rischio.

L’alcolismo è inoltre la causa principale del grave fenomeno dell’assenteismo lavorativo. Preoccupante è anche l’aumento del consumo di alcol e l’aumento dei problemi alcolcorrelati nei Paesi in via di sviluppo presenta allarmanti dati sul consumo pro capite dei soggetti sopra i quindici anni in Tanzania: nel 1983 vi è stato un consumo di 4,4 litri di alcol anidro pro capite; ed è un dato in costante aumento.

Negli Stati Uniti d’America, secondo i dati ufficiali, esistono più di 10 milioni di alcolisti e 35 milioni sono le persone che soffrono a causa dell’alcolismo che ha colpito un membro della famiglia. Se ipotizziamo che la percentuale di alcolisti in Jugoslavia è uguale a quella degli Stati Uniti, avremo circa 1 milione di alcolisti. Naturalmente tutti questi dati sono approssimativi e incompleti (NdR Hudolin lamentava una cultura epidemiologica approssimativa, aveva infatti proposto l’istituzione del Registro degli Alcolisti Ospedalizzati della Repubblica Croata (1965) e l’aveva seguito per oltre 25 anni, come dirà più avanti in questo capitolo. Sosteneva la necessità di ricerche accurate a livello sia nazionale che locale, per evidenziare la reale dimensione sociale del problema alcolcorrelato e la sua sottovalutazione nell’approccio pubblico e comunitario ai problemi della salute).

Quando un soggetto presenta problemi alcolcorrelati, i rapporti in famiglia ne risentono pesantemente e tutti i membri ne sono condizionati e coinvolti. Dal momento che l’alcolismo è un fenomeno che dura negli anni, cioè è un disturbo cronico, col tempo si arriva alla rottura della famiglia, o per lo meno a gravi difficoltà per tutti i suoi membri (NdR Subito si capisce la ragione dell’attenzione di Hudolin all’epidemiologia, che rimane il fondamento principale della psichiatria e medicina sociale: sono i numeri che servono gli uomini e non viceversa. L’epidemiologia ci dimostra la lunga durata dei problemi alcolcorrelati e solo questo permette di definirli «un disturbo cronico», senza nulla aggiungere all’evoluzione della sindrome in senso medico. Il fatto di essere prolungato provoca il degrado delle famiglie coinvolte fino alla loro disgregazione).

Sia nel primo che nel secondo caso è importante ricordare che quando l’alcolista entra in trattamento è indispensabile che anche i membri del suo gruppo familiare, sia quello ristretto che quello allargato, che sono in un certo senso «contagiati»(NdR Qui per spiegare il significato sistemico che l’alcol ha nella famiglia —caso unico— Hudolin ricorre ad una metafora «infettivologica», dice tra virgolette che tutti i membri della famiglia sono sottoposti ad un «contagio» del problema alcolcorrelato più serio) dall’alcolismo, siano ugualmente sostenuti e aiutati. Oggi si tende a impiegare l’approccio familiare sistemico.

L’approccio familiare o la comunità multifamiliare sono integrati nel programma complesso psico-medico-sociale, cioè nel programma ecologico o verde che descriveremo più avanti (NdR Qui l’approccio ecologico sociale è ancora chiamato con la precedente terminologia come programma complesso bio-psico-sociale, a cui è dedicato il capitolo 4 della Terza Parte del Manuale, a cui il testo rimanda).

Noi abbiamo parlato dell’alcolismo della famiglia riferendoci ad alcolisti «secchi» e «umidi»; oggi si comincia a parlare in letteratura del «coalcolismo» (Scheller R., 1990) (NdR La distinzione sistemica tra membri della famiglia che bevono (alcolisti «umidi») e che non bevono (alcolisti «secchi») all’epoca del Manuale indicava che l’intero nucleo familiare era coinvolto nello stesso problema, che non era dei singoli, ma dell’intero nucleo indipendentemente da chi assumeva la sostanza.

La definizione di «coalcolismo», che indicava la stessa prospettiva sistemica, non ha avuto in seguito fortuna a significare che lo stesso concetto di «alcolismo» era ormai in crisi).

Non bisogna dimenticare i soggetti che, bevendo, provocano problemi all’interno della famiglia o sul lavoro o nel contesto sociale, e che non possono però essere definiti alcolisti. Gli autori angloamericani li chiamano problem drinkers, consumatori problematici o eccessivi, e necessitano anch’essi di un aiuto adeguato (NdR Hudolin introduce subito un allargamento del concetto di «alcolista», richiamando quello che si andava diffondendo nel mondo anglosassone di problem drinkers, cioè di bevitori problematici, quindi tutti i bevitori che presentano un problema indipendentemente dalla quantità di alcol assunta e da quello specifico legame con l’alcol, che presenta il problema alcolcorrelato più serio, allora definito alcolismo. Egli riteneva che anche queste persone necessitano di un supporto adeguato.

È uno dei presupposti che richiedono l’apertura dei Club oltre i problemi più seri e di conseguenza il cambiamento del nome del Club).

Nella maggior parte dei Paesi il consumo degli alcolici aumenta e consequenzialmente aumenta il numero degli alcolisti. Lo si può riscontrare correlando il consumo di bevande alcoliche al numero dei decessi causati dall’alcol, alle patologie alcolcorrelate gravi (in particolare la cirrosi epatica), alle infrazioni della legge collegate in qualche modo allo stato di intossicazione acuta e agli ingressi e alle presenze di alcolisti negli ospedali psichiatrici, negli ospedali generali e nei servizi territoriali (NdR  È qui richiamato il contenuto della cosiddetta «formula di Ledermann» (1956, 1964), che attesta l’incremento dei problemi alcolcorrelati direttamente proporzionale ai consumi di alcol di una determinata popolazione. Di tale formula Hudolin tratterà poco avanti).

Tutte queste indagini epidemiologiche incontrano comunque numerosi ostacoli. La diagnosi di alcolismo continua a essere formulata raramente e malvolentieri, anche nel caso di ammalati seguiti, sia ambulatorialmente che a livello ospedaliero, per disturbi alcolcorrelati.

Per questa ragione i dati relativi agli alcolisti, a meno che non si trovino ricoverati in reparti di alcologia, sono spesso inesatti o incompleti (NdR Il tema della «diagnosi» di alcolismo, i cui criteri sono sempre stati incerti e gravati da pregiudizi sociali, ha sempre gravato sugli studi epidemiologici dei problemi alcolcorrelati. Hudolin conosceva bene il problema, dedicava alla critica della diagnosi medica dell’alcolismo (che riteneva impossibile) l’intera seconda giornata del Corso di sensibilizzazione, e non riconosceva fondato scientificamente il concetto di «dipendenza» (Vl. Hudolin, cit., 1995, pp. 32-33).

Aveva fondato il Registro degli alcolisti ospedalizzati della Repubblica Croata e lo riteneva uno strumento relativamente certo delle indagini epidemiologiche sul problema. Qui Hudolin dà ragione della sua critica all’incertezza degli studi epidemiologici di alcologia).

Esistono poi numerosi altri dati epidemiologici interessanti, noti da molto tempo, ma che non ricevono la dovuta attenzione. Lo stretto collegamento tra tubercolosi e alcolismo è noto da oltre 300 anni (Jackson J.K., 1959). Nel 1971 abbiamo aperto in Croazia un reparto alcologico con 100 posti letto in un ospedale pneumo tisiologico, e abbiamo scoperto che più della metà degli ammalati cronici di tubercolosi soffre contemporaneamente di alcolismo.

Oggi si sa che i portatori di processi tubercolari in fase attiva sono soprattutto alcolisti (NdR È una sottolineatura — quella del rapporto tra seri problemi alcolcorrelati e tubercolosi — che Hudolin ha sempre fatto, anche in ragione della specifica esperienza croata a cui accenna in questo passo).

Il controllo dei disturbi alcolcorrelati in una comunità non può essere efficacemente condotto senza un progetto e un programma di lavoro ben formulati e per la cui elaborazione necessitano dati completi e precisi.

L’epidemiologia psichiatrica e quella alcologica si basano e si sviluppano a partire da questa necessità (NdR Il passo esplicita la ragione dell’interesse di Hudolin all’approccio epidemiologico: i dati servono a formulare i programmi di intervento). Nonostante le origini dell’epidemiologia dei problemi alcolcorrelati risalgano al secolo scorso, il suo concreto sviluppo inizia dopo la seconda guerra mondiale.

Se si desidera pianificare adeguatamente i servizi, formare gli operatori, individuare correttamente i casi e valutare il trattamento e il cambiamento comportamentale ottenuto ai diversi livelli territoriali, determinati dati epidemiologici sono assolutamente necessari (NdR Sono squadernate tutte le necessità per un approccio epidemiologico ai problemi alcolcorrelati di una certa comunità).

È soprattutto attraverso la ricerca epidemiologica che si cerca di quantificare l’entità dei consumi e l’incidenza e la prevalenza dei problemi alcolcorrelati in una determinata popolazione.

Per la progettazione dei programmi di protezione e promozione della salute possono essere usati anche altri tipi di dati, che si possono ottenere ampliando gli studi epidemiologici e applicandone i corrispondenti metodi di ricerca (NdR È verosimile che Hudolin si riferisca ad altri studi epidemiologici come quelli necessari alla ricerca valutativa circa l’efficacia degli interventi. Ricordiamo che subito dopo la pubblicazione del Manuale prende avvio in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità di un rilevante studio catamnestico di coorte, che puntava a valutare l’efficacia del programma centrato sui Club, denominato VALCAT (VALutazione CAT).

All’impostazione del disegno Hudolin diede il suo specifico contributo, la sua morte e quella successiva del partner del lavoro (il Prof. Morosini, responsabile del Laboratorio di Epidemiologia dell’ISS) ha reso problematico portare a termine il lavoro, che è stato pubblicato in forma integrale solo recentemente (G. Corlito, F. Piani, P. Morosini, F. Cernuto e L. Toniutti, Lo studio VALCAT: valutazione a lungo termine dei Club degli Alcolisti in Trattamento, oggi Club Alcologici Territoriali, Alcologia, n. 19, 2014, pp. 9-39).

Il bere problematico e l’alcolismo nel 1989 sono costati agli Stati Uniti 135 miliardi di dollari, che, secondo le previsioni, saliranno a 150 nel 1995. Sempre negli Stati Uniti i disturbi alcolcorrelati sono responsabili della morte di 24.000 persone l’anno in incidenti stradali e del ferimento di oltre 534.000 (Bowen R.O., 1989).

Studiando la distribuzione dei suicidi si scopre che il fenomeno interessa massicciamente la categoria degli alcolisti, per non parlare del fatto che l’alcol è causa di molti suicidi anche in soggetti non alcolisti (NdR Non solo si calcola che dal 5 al 27% degli alcolisti muoiono suicidi, ma il 50% di tutti i suicidi sono in qualche modo correlati all’alcol (H.I. Kaplan e V.I. Sadok, Psichiatria, 2001).  

Berglund R. (1987), sostiene addirittura che circa il 15-20% di tutti i suicidi viene compiuto da alcolisti e che, a seconda delle ricerche, dal 5 al 27% delle cause di decesso degli alcolisti è il suicidio. Questi dati sottolineano la significanza (NdR «Significanza» è un sinonimo raro per indicare in statistica la «significatività») della depressione nel quadro clinico dell’alcolista (Macrea R., 1989).

In alcune regioni della Jugoslavia sono state condotte numerose ricerche epidemiologiche, e in particolare si è appurato che in Croazia l’alcolismo è presente nel 15% dei maschi adulti e un consumo eccessivo caratterizza un altro 15% della stessa popolazione.

Nella Jugoslavia (NdR All’epoca dell’uscita del Manuale esisteva ancora la Federazione Jugoslava, di cui la Repubblica Croata faceva parte) ci sono 1.000.000 di alcolisti e più di 2.000.000 di persone pesantemente coinvolte in nuclei familiari con gravi problemi di alcolismo.

Ultimamente si va consolidando la convinzione secondo la quale l’incidenza e la prevalenza dei problemi alcolcorrelati dipende dall’accessibilità della bevanda alcolica, dall’approvazione del suo consumo nella società, e in particolare dall’entità del consumo di alcolici espresso in quantità di alcol anidro annuo pro capite.

Questa opinione coincide con i risultati degli studi condotti da Ledermann S. (1956, 1964), e sui quali si fonda la teoria statistico epidemiologica di approccio ai disturbi alcolcorrelati (NdR Il problema è affrontato nel capitolo 5 di questa stessa Prima Parte del Manuale, «Teorie e approcci ai problemi alcolcorrelati»).

Secondo questo approccio, l’incidenza e la prevalenza dei disturbi alcol correlati sono strettamente collegate al consumo medio annuo di bevande alcoliche in una data popolazione, calcolato in termini di alcol anidro pro capite. Nonostante le critiche a cui è stata sottoposta quest’ottica (Duffy J.C., 1977, 1986), non si può non ammettere che esiste una correlazione fra il consumo generale di alcol e la prevalenza del bere problematico e dell’alcolismo

(NdR L’Intersalt Study (M.G. Marmot, P. Elliott, M.J. Shipley, A.R. Dyer, H. Ueshima, D.G. Beevers, R. Stamler, H. Kesteloot, G. Rose e J. Stamler, Alcohol and blood pressure: the INTERSALT study, BMJ, 308, 1994, pp. 1263, 1267)

ha dimostrato che la formula di Ledermann trova conferma in 52 Paesi di diversa cultura in tutto il mondo. Si tratta quindi, nonostante le critiche, di una evidenza scientifica molto solida).

Dopo la seconda guerra mondiale l’attenzione degli operatori si è concentrata sul trattamento degli alcolisti; la prevenzione primaria e il controllo del consumo di alcolici sono stati relativamente trascurati. Oggi però in molti Paesi si riprende a parlare dell’importanza della prevenzione primaria, anche perché il trattamento degli alcolisti non ha dato i risultati sperati.

Nonostante alcuni trattamenti abbiamo dato buoni risultati, il numero degli alcolisti aumenta, o è stazionario, e aumenta il consumo degli alcolici (Tongue A., 1976) (NdR I vari interventi di cura degli alcolisti — o dei problemi alcolcorrelati più seri — non sono in grado di produrre una riduzione dei consumi e quindi tale cura non può essere il fondamento di una prevenzione primaria dei problemi alcolcorrelati. I programmi di prevenzione primaria devono essere rivolti universalmente a tutti i bevitori, cioè ai bevitori moderati, qualsiasi cosa voglia dire un’espressione così ambigua sotto il profilo scientifico).

Questi studi hanno anche dimostrato la necessità di una riconsiderazione del concetto di alcolismo inteso come malattia. I dati clinici si discostano significativamente da ciò che succede in realtà.

Secondo i dati clinici, la maggioranza dei casi di alcolismo, al momento dell’inizio del trattamento, interessa gli ultracinquantenni; in realtà l’alcolismo è già presente da molti anni anche se la persona non è ancora arrivata dal medico e non ha iniziato il trattamento. Questi studi hanno inoltre dimostrato l’esattezza della correlazione tra la riduzione del consumo nei bevitori moderati e la conseguente riduzione del consumo nel gruppo dei bevitori problematici e degli alcolisti (Brunn K., Schmidt W., Skog O.J., Sulkunen O., Osterberg E., 1975) (NdR Questi dati confermano una considerazione intuitiva: vi è un continuum tra bevitori moderati e bevitori problematici, essi non sono gruppi diversificati drasticamente e tutti i consumatori di bevande alcoliche cominciano da quantità modeste per incrementare progressivamente i consumi. Tale idea è oggi prevalente nella comunità scientifica).

Le indagini epidemiologiche possono chiarire molti aspetti del fenomeno alcolismo, contribuendo, ad esempio, a valutare i programmi realizzati o a tracciare la complessa mappa del consumo di bevande alcoliche.

Negli ultimi anni hanno assunto un’importanza sempre maggiore le ricerche valutative sull’efficienza e sull’efficacia dei vari trattamenti (Külner H. e coll., 1988; Feuerlein W. e coll., 1986).

Il Registro degli alcolisti della Croazia

Dati di notevole interesse, unici per la loro entità, sono quelli forniti dal Registro degli alcolisti ospedalizzati della Repubblica di Croazia (NdR Si tratta di un «registro dei casi», unico nel suo genere, non se ne trovano altri in letteratura; rappresenta una specifica applicazione di una tecnica epidemiologica, nota soprattutto in campo psichiatrico (ad es. il registro dei casi di Camberwell in Gran Bretagna, istituito dallo psichiatra sociale G.K. Wing nel 1964, e in Italia quello di Verona Sud, istituito da M. Tansella nel 1978 o di Arezzo, istituito da P. Martini nel 1987).

Il Registro è entrato in funzione il 1° gennaio 1965 e viene gestito dal Centro per lo studio e il controllo dell’alcolismo e delle altre dipendenze della Clinica di neurologia, psichiatria, alcolismo e altre dipendenze dell’Ospedale universitario Dott. M. Stojanovic di Zagabria e dell’Istituto per la protezione della salute della Repubblica Croata (NdR La fondazione del Registro è uno dei caposaldi del lavoro fatto all’Università di Zagabria da Hudolin ed uno dei punti di partenza della formulazione del suo metodo complesso, che realizzato a Zagabria diventerà la base dell’approccio ecologico sociale, centrato sui Club).

Dal momento che il Registro è relativo agli alcolisti curati negli ospedali, in particolare nei reparti psichiatrici e alcologici, dell’intera Croazia, che ha una popolazione di circa 5 milioni di abitanti, alcuni dati relativi al periodo 1965-1985, che riportiamo più oltre, possono dimostrare molto chiaramente la gravità del problema. La tendenza che si evince da quei dati è continuata anche dopo il 1985.

Il trattamento degli alcolisti in Croazia viene condotto secondo un approccio psichiatrico, anche perché i reparti di psichiatria e di neurologia negli ospedali generali si sono tradizionalmente occupati degli alcolisti. Gli ospedali psichiatrici sono sempre stati pochi e attualmente si tende a diminuirne i posti letto, aprendo invece reparti e centri di alcologia sia negli ospedali generali sia in quelli psichiatrici (NdR Si intuisce da questo passo la situazione di sviluppo dei programmi alcologici croati che all’epoca di Hudolin stavano emancipandosi dagli ospedali psichiatrici per entrare negli ospedali generali. I servizi nella comunità sembrano essere nella loro fase iniziale di servizi prevalentemente ambulatoriali o dispensariali).

Se si potesse disporre anche dei dati relativi agli alcolisti trattati negli altri reparti ospedalieri (medicina interna, chirurgia, traumatologia, ecc.) e nei servizi territoriali (ambulatori, dispensari, servizi di protezione primaria, ecc.) si avrebbe l’esatta dimensione del problema.

Per la Croazia questi dati non sono disponibili, anche se la diagnosi di alcolismo viene fatta pure in altri reparti ospedalieri (medicina interna, chirurgia, ecc.). In questi casi peraltro gli ammalati, dopo la cura necessaria, vengono di solito inviati per il loro alcolismo in reparti di alcologia o di psichiatria.

Oggi la linea di tendenza è di aprire reparti e servizi alcologici autonomi e ciò è ovviamente un bene poiché l’alcolismo non è una malattia mentale.

 Nelle tabelle che seguono sono riportati solamente i dati generali relativi agli alcolisti curati negli ospedali di tutta la Croazia, mentre i dati suddivisi per singoli comuni si possono richiedere al Centro per la cura, lo studio e il controllo dell’alcolismo e delle altre dipendenze dell’Ospedale Universitario Dott. M. Stojanovic di Zagabria. Lo sviluppo del Centro e del Registro degli alcolisti sono descritti in pubblicazioni monografiche (Hudolin Vl., 1985 a, b). L’utilità del Registro è data anche dalla possibilità di ottenere i dati suddivisi per Comuni (la Croazia è suddivisa in 120 Comuni), o per altre entità amministrative locali, per cui, almeno teoricamente, è possibile valutare la qualità dei servizi sanitari ai diversi livelli di articolazione territoriale (NdR Ritorna il significato dei dati epidemiologici per la programmazione della rete dei servizi sanitari e per la valutazione della loro efficienza ed efficacia).

Tutti i dati delle tabelle 7.1-7.17 sono ricavati dal Registro degli alcolisti ospedalizzati della Repubblica di Croazia. I dati presentati nella tabella 7.1 dimostrano la costante crescita del numero degli alcolisti ricoverati per la prima volta per alcolismo nel periodo 1965-1985; il numero degli alcolisti ricoverati negli ospedali è cresciuto più rapidamente dell’aumento demografico.

Questo, in realtà, non è indice sicuro di aumento del numero assoluto degli alcolisti. Sul numero dei ricoveri con diagnosi di alcolismo incidono, oltre che l’aumento reale del numero di alcolisti, anche altri fattori: il numero dei posti letto negli istituti psichiatrici e alcologici, l’apertura di nuovi reparti psichiatrici e di reparti alcologici specializzati, la disponibilità dei servizi sanitari e sociali a farsi carico degli alcolisti, la maggiore sensibilità degli operatori nei confronti dell’alcolismo, ecc. Un tempo, molti alcolisti sarebbero stati ricoverati in altri reparti ospedalieri, spesso con diagnosi di disturbi medici alcolcorrelati e la diagnosi di alcolismo non sarebbe stata fatta……….

……….Dalla seconda guerra mondiale in poi, sull’alcolismo si è lavorato molto e la società stata informata e preparata ad accettarlo come malattia (NdR Come si può vedere Hudolin, pur contestandola, considera l’idea dell’alcolismo come malattia un progresso perché ha permesso l’accesso al trattamento medico degli alcolisti, sottraendoli a quello psichiatrico e manicomiale).

In tal modo l’alcolismo ha perso parte delle sue connotazioni negative e, sia l’alcolista che la sua famiglia, più spesso di prima, hanno cominciato a chiedere di essere curati. L’alcolismo e il suo trattamento sono ormai inclusi nei programmi di promozione e di protezione della salute e questo permette sempre più spesso un trattamento adeguato ad ogni alcolista.

Sempre più frequentemente emerge, nella programmazione dei servizi sanitari, l’aspetto economico. Domande lecite e frequenti sono se il trattamento ospedaliero dà quei risultati che dovrebbe dare, se è veramente indispensabile un così elevato numero di ospedalizzazioni e se la società può permettersi di mettere a disposizione tanti mezzi per controllare l’alcolismo a livello ospedaliero. Queste perplessità hanno favorito lo sviluppo di programmi alternativi che hanno messo l’accento sulla prevenzione primaria. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità si è mossa in questa direzione e ha proposto dei programmi per ridurre entro la fine del secolo il consumo di bevande alcoliche del 20-25%. Oggi un gran numero di alcolisti viene trattato a livello territoriale con il concorso del medico di base o nel Club degli alcolisti in trattamento.

Il numero dei ricoveri della tabella 7.2 dimostra che nel periodo 1965-1985 molti alcolisti sono stati ospedalizzati più volte. Una certa percentuale di alcolisti, affetti da gravi patologie alcolcorrelate, hanno avuto ripetuti ricoveri; la maggior parte non ha avuto ulteriori ricoveri nello stesso anno. Il numero elevato di ospedalizzazioni ripetute una parziale dimostrazione dei risultati insoddisfacenti del trattamento degli alcolisti, sia ospedaliero che territoriale. Questi dati lasciano perplessi tanto più avendo presente che, con opportuni programmi, si possono ottenere risultati soddisfacenti. Probabilmente questa situazione è favorita anche dalla legislazione e dalle normative che sono più attente alla malattia che non alla salute o alla prevenzione. I dati segnalano poi soprattutto la necessità di un aggiornamento continuo sui problemi alcolcorrelati da parte delle équipe che operano nell’ambito dei servizi di protezione e di promozione della salute……….

……….Un miglioramento del controllo dei disturbi alcolcorrelati si può ottenere solamente con una efficiente prevenzione primaria. Inoltre, un buon coinvolgimento dei servizi sanitari nei programmi di prevenzione primaria renderebbe possibile la diagnosi precoce e il calo del numero di alcolisti ricoverati solo quando sono già comparse patologie irreversibili.

Diminuirebbe così anche il numero totale delle degenze ospedaliere. Il medico generico dovrebbe usufruire di un aggiornamento continuo comprensivo anche delle indicazioni per quei trattamenti ospedalieri che comunque continuerebbero a essere effettuati quando indicati. Aumenterebbe così il numero degli alcolisti che dopo una diagnosi precoce potrebbero entrare nel trattamento extra ospedaliero.

L’alcolista e i membri della sua famiglia dovrebbero, fin dal primo giorno di trattamento, o addirittura prima dell’ospedalizzazione, essere inseriti nel Club degli alcolisti in trattamento dove verrà poi condotta la fase post ospedaliera del trattamento.

Se ciò non viene fatto, l’alcolista, che in ospedale avrà nel frattempo smesso di bere, si convincerà di essere in grado di controllare il proprio bere senza l’aiuto di nessuno, con la conseguenza che molto presto ricomincerà a bere e tutto riprenderà come prima. Non sono rari i casi in cui l’alcolista viene ospedalizzato anche una decina di volte, fino a quando riesce a risolvere la sua situazione o muore.

Ci sono degli alcolisti che sono stati ricoverati anche più di 100 volte. Le ricadute sono particolarmente frequenti in quegli alcolisti che non sono stati inseriti nei programmi di trattamento territoriale, in quelli che provengono da regioni dove la medicina di base non partecipa al trattamento e alla riabilitazione o dove non esistono programmi territoriali basati sui Club degli alcolisti in trattamento.

Oggi, dopo che nel trattamento è stato introdotto l’approccio sistemico e che si sottolinea l’importanza della prevenzione primaria, secondaria e terziaria, non solamente per le famiglie, ma anche per la comunità in senso esteso o per il gruppo di lavoro, anche le ricadute si possono affrontare in un contesto diverso.

Ricaduta non significa solamente ritorno al bere, ma anche ritorno al precedente modello comportamentale; la ricaduta può essere del singolo, ma anche della famiglia, dei servizi socio-sanitari, della comunità locale, del gruppo di lavoro, dell’operatore, come vedremo meglio in seguito.

Perché si manifesti un quadro di alcolismo è necessario bere per un periodo prolungato. In un esiguo numero di alcolisti, circa il 10%, il bere problematico si manifesta molto presto e il primo ricovero avviene già prima dei 30 anni.

A questi alcolisti va rivolta una particolare attenzione poiché di solito hanno un fisico ancora in buone condizioni e accettano con difficoltà il fatto che per loro l’alcol possa essere un grave pericolo e una minaccia. Hanno inoltre bisogno di un processo riabilitativo più complesso, ivi compresa la loro riabilitazione professionale. Per il precoce comparire dell’alcolismo questi giovani non sono riusciti infatti nemmeno a conseguire una piena abilità e maturità lavorativa.

La maggioranza degli alcolisti si ricovera tra i 30 e i 45 anni, cioè nel periodo in cui dovrebbero essere nel massimo dell’efficienza sociale e lavorativa. Dopo i 55 anni il numero degli alcolisti che si presentano per il trattamento ospedaliero diminuisce. La maggior parte degli alcolisti di questa fascia di età sono già deceduti.

Questi dati dimostrano drammaticamente la necessità di programmi di prevenzione. Il trattamento in alcuni casi può essere di aiuto, ma la corsa verso l’alcolismo di un gran numero di giovani si può interrompere solo mediante un’efficace attività di prevenzione. La maggior parte degli alcolisti nella comunità è composta da persone giovani che prima di essere costrette, a causa di qualche disturbo, a entrare in un programma alcologico, in un Club o in ospedale, hanno vissuto in famiglia e hanno condotto una vita sociale normale. Invece di attendere il ricovero sarebbe più opportuno cercare di individuare l’alcolista prima che insorgano problemi alcol correlati.

Per arrivare a questo occorre organizzare un programma efficace, concreto e serio di controllo dei disturbi alcolcorrelati.

Nella tabella 7.4 sono presentati i dati, in numero assoluto, relativi all’età degli alcolisti maschi ricoverati per la prima volta negli ospedali della Croazia nel periodo 1965-1985. Gli stessi dati, espressi in percentuale, sono presentati nella tabella 7.5. Mentre il numero totale degli alcolisti maschi ospedalizzati è in aumento per tutte le fasce d’età, se si considerano i rapporti percentuali tra fasce di età, si osservano dei segnali che possono essere considerati positivi. Così, ad esempio, la percentuale dei maschi sotto i 30 anni è, con minime oscillazioni, invariata, il che smentisce la diffusa convinzione che i giovani bevano sempre di più e che sempre più spesso vengano ricoverati per alcolismo.

Anche per quanto riguarda la fascia di età tra i 30 e i 45 anni si registra una diminuzione percentuale dei ricoveri. Solamente sopra i 45 anni la percentuale aumenta per poi rimanere stabile dopo i 60 anni. Ciò può dipendere dal miglioramento dei programmi attivati a livello territoriale. In ogni caso, bisognerà dedicare maggiore attenzione allo studio di questi dati e coinvolgere in queste ricerche le comunità locali e i Club degli alcolisti in trattamento. Fondamentale sarà poi attivare indagini valutative dei programmi.

Se si confrontano i dati relativi ai maschi con quelli relativi alle femmine (tabelle 7.6 e 7.7) alcune differenze sono subito evidenti. Ad esempio la percentuale di donne ricoverate prima dei 30 anni in diminuzione, mentre le donne che si presentano per il primo ricovero dopo i 60 anni sono, in proporzione, molto più numerose dei maschi e sono in pressoché costante aumento; questo fenomeno richiede un’indagine sociologica più approfondita. Come nella maggior parte dei Paesi, anche in Croazia aumenta il numero di donne che vengono ricoverate per alcolismo e aumenta il loro numero in rapporto a quello dei maschi, come si vede dalle tabelle 7.8 e 7.9. La Tabella 7.8 si riferisce a tutta la Croazia, la tabella 7.9 alla sola città di Zagabria. La spiegazione di questo fenomeno richiede ulteriori ricerche e naturalmente l’attivazione di programmi adeguati……….

I dati che testimoniano l’aumento del numero di donne alcoliste non sono verosimilmente conseguenza esclusiva dell’alcolismo, ma riflettono determinati cambiamenti sociali e la graduale scomparsa di considerazioni e giudizi di tipo moralistico. Le ricerche condotte da Sakoman S., nella Clinica di neurologia, psichiatria, alcologia e altre dipendenze dell’Ospedale universitario Dott. M. Stojanovic di Zagabria indicano infatti che il numero di donne alcoliste cresce parallelamente con il loro inserimento nel mondo del lavoro.

Anche i Club degli alcolisti in trattamento devono tener conto dell’aumento del numero delle donne alcoliste e regolarsi di conseguenza. Molto spesso anche il marito è un alcolista o un consumatore problematico, ma raramente viene invitato a collaborare con il Club o a essere astinente. Anche in questi casi l’approccio familiare ha una propria insostituibile specificità, perché di norma la famiglia risulta gravemente disturbata, molto più che nei casi di alcolismo maschile quando la donna mantiene all’interno della famiglia una presenza e un ruolo stabile e adeguato.

Prendendo in considerazione tutti gli ospedali croati in cui si curano gli alcolisti, per un totale di oltre 900 posti letto, dal 1965 al 1985 la degenza media è diminuita di circa 10 giorni, pur mantenendosi sempre decisamente alta, oltre i 30 giorni.

Va detto che il successo del trattamento probabilmente non dipende tanto dalla lunghezza della degenza, quanto piuttosto dalla qualità del programma offerto e dal coinvolgimento della famiglia nel Club degli alcolisti in trattamento fin dall’inizio dell’ospedalizzazione.

Se si considera il numero degli alcolisti curati negli ospedali e lo si confronta con il numero dei Club degli alcolisti in trattamento, in cui non dovrebbero esservi più di 12 famiglie, risulta chiaro che la maggioranza degli ospedali e dei servizi di medicina di base non dedicano la necessaria attenzione al destino degli alcolisti e delle loro famiglie dopo il trattamento ospedaliero. Nemmeno le istituzioni statali, le organizzazioni sindacali, le comunità nel loro complesso, sono particolarmente attente ai problemi della sofferenza.

I dati della tabella 7.11 riportano il numero totale dei giorni di degenza e vanno esaminati con particolare attenzione per i seguenti motivi:

  • Il numero totale di giornate di degenza, circa mezzo milione, che gli alcolisti trascorrono annualmente in ospedale, definisce chiaramente l’entità e la gravità del problema in Croazia.
  • Anche l’aspetto puramente economico è preoccupante. Bisogna chiedersi se un Paese, come ad esempio la Croazia, sia in grado di sostenere un costo così rilevante per il trattamento ospedaliero degli alcolisti; bisogna inoltre considerare i riflessi sul mondo del lavoro e le ripercussioni umane e sociali nelle famiglie e nelle comunità.
  • Infine, anche indipendentemente dal costo, occorre chiedersi quali sono i risultati che il trattamento ospedaliero garantisce. A giudicare dal numero di Club degli alcolisti in trattamento, è chiaro che sono ancora troppi gli alcolisti che vengono trattati secondo metodi tradizionali che non prevedono il trattamento territoriale. Probabilmente questo fa parte di limiti strutturali che non sono solo del mondo ospedaliero, ma anche dell’organizzazione complessiva dei servizi sanitari e delle politiche sociali delle nostre istituzioni.

Nonostante le formali dichiarazioni di preoccupazione e di interesse per l’uomo, sembra proprio che sia l’aspetto umano a essere il più trascurato nei vari programmi di politica sociale e sanitaria……….

……….Tutti i dati presentati nelle tabelle dimostrano indirettamente l’enorme danno che l’alcolismo arreca all’economia nazionale e all’apparato produttivo. È sufficiente osservare i dati della tabella 7.12, impressionanti per l’altissimo numero di degenze ospedaliere con diagnosi di alcolismo in lavoratori che godono dei benefici della Previdenza Sociale. Fra gli altri degenti è rilevante poi il numero dei pensionati per invalidità a causa dell’alcolismo o delle sue conseguenze. E spesso si è arrivati o si arriva al pensionamento per invalidità senza aver preso tutte le necessarie e possibili misure di trattamento e riabilitazione.

La qualità degli interventi sanitari sugli alcolisti risulta evidente dalle tabelle 7.13 e 7.14 che riportano il numero delle degenze di alcolisti che presentano anche un quadro di psicosi alcolica e il numero di pazienti deceduti in ospedale. Chiaramente si tratta di persone ricoverate in condizioni estremamente gravi e spesso quando è ormai troppo tardi.

Quali sono le misure prese dalla medicina di base affinché questo non avvenga? È ammissibile che manchino programmi adeguati di prevenzione? È ammissibile aspettare che le condizioni della persona siano così gravi e intervenire solo allora?

Nelle tabelle non sono stati inseriti gli alcolisti gravi ricoverati in altri reparti ospedalieri (medicina interna, chirurgia, ecc.) a causa di complicanze alcolcorrelate di altra natura e che nelle statistiche non vengono presentati con la diagnosi di alcolismo. Le ricerche svolte non sono riuscite a dare una chiara risposta sulle misure adottate da ospedali, medicina di base, comunità locale e organizzazioni di lavoro prima e dopo l’ospedalizzazione degli alcolisti……….

.Nella tabella 7.15 sono riportati i dati relativi agli alcolisti trattati nelle regioni della Croazia. I dati sono utili per giudicare la qualità dell’intervento in determinate zone della Repubblica; il loro valore aumenterebbe se li si potesse confrontare con le principali variabili demografiche e sociali di queste zone

I dati presentati nelle tabelle del Registro dimostrano che l’alcolismo è largamente diffuso e provoca gravissime conseguenze alla vita della Repubblica croata. Alcuni dati parlano di una diminuzione, in numeri relativi, degli alcolisti al di sotto dei 29 anni e questo potrebbe significare che i programmi iniziati nel 1954 stanno dando i primi risultati (NdR Nel 1954 la Croce Rossa ha dato inizio a programmi di lotta contro l’alcolismo. Nello stesso anno si è costituita la Lega contro l’alcolismo; oggi in Croazia vi è la Lega per la protezione e la promozione della salute mentale e del controllo delle dipendenze. [Nota del testo di Hudolin.]).

Questo stato di cose rende necessaria l’introduzione di programmi di controllo dei disturbi alcolcorrelati che possano soddisfare i bisogni presenti nella società ed essere in sintonia con le sue possibilità e la sua disponibilità a occuparsi con maggiore serietà del problema. Il solo numero degli alcolisti curati negli ospedali è così alto che la loro riabilitazione, se venisse condotta con metodi classici, richiederebbe uno spiegamento di risorse e di operatori tale che nemmeno una società molto più ricca di quella croata sarebbe in grado di attivare.

Come sappiamo, secondo l’approccio ecologico o verde, per garantire una migliore qualità dello stile di vita della comunità, i programmi per il controllo dei disturbi alcolcorrelati devono comprendere contemporaneamente la prevenzione primaria, secondaria e terziaria. Il programma fa riferimento ad ogni membro della società, si appoggia a tutte le strutture comunitarie e non può essere realizzato solo dagli operatori sanitari senza la partecipazione del volontariato nelle sue varie articolazioni. Nel Registro confluiscono i dati relativi agli alcolisti curati negli ospedali psichiatrici e negli istituti alcologici, ai pazienti di alcuni reparti di medicina interna e agli alcolisti in cura presso l’ospedale per le malattie polmonari e la tubercolosi di Klenovnik. I dati dimostrano che il numero di alcolisti ricoverati è in costante aumento. I ricoveri per alcolismo in Croazia sono annualmente circa 15.000; di questi circa 7.000 sono primi ricoveri……….

Le ricerche di Ledermann S. (1956), hanno contribuito a diffondere l’opinione per cui l’incidenza e la prevalenza dei disturbi alcol correlati dipende dal consumo medio di alcol annuo pro capite. I lavori di questo studioso, e più recentemente gli studi sulla produzione e sul consumo di alcolici nelle comunità (De Lint J., 1981; De Lint J. e Schmidt W., 1968) hanno stimolato l’elaborazione della teoria epidemiologica, di cui abbiamo già accennato in breve. Attualmente le ricerche epidemiologiche sono spesso rivolte alla valutazione dei vari programmi.

La maggior parte delle ricerche epidemiologiche è rivolta allo studio di una determinata situazione in un ristretto periodo storico e solo poche si occupano di analisi longitudinali (Fillmore K.M., 1988) a cui bisognerà in futuro dedicare maggiore attenzione, finora sono stati svolti soprattutto in Scandinavia e negli Stati Uniti.

Considerazioni conclusive

Il dato che nella maggior parte degli ospedali psichiatrici della Jugoslavia gli alcolisti siano il 20% dei ricoverati conferma, da solo, che l’alcolismo è un fenomeno drammaticamente diffuso. Sono sempre più numerosi gli istituti psichiatrici, in Jugoslavia e altrove, dove gli alcolisti arrivano a sfiorare, tra i maschi, il 50% dei nuovi ricoveri. Anche nei reparti di medicina interna, di chirurgia e di traumatologia gli alcolisti rappresentano spesso il gruppo più numeroso. Inoltre, gli alcolisti escono spesso dal mondo del lavoro per invalidità nel periodo più produttivo della loro vita, fra i 30 e i 50 anni; risultano assenti dal lavoro per circa 2 mesi all’anno; perdono normalmente 10 anni di anzianità lavorativa; muoiono 15-20 anni prima della media dei non alcolisti.

C’è chi sostiene che circa il 50% di tutti i problemi matrimoniali siano provocati dall’alcolismo. I figli cresciuti in famiglie di alcolisti manifestano spesso disturbi comportamentali.

Secondo le nostre ricerche, il 50-80% degli alcolisti provengono da famiglie in cui uno o ambedue i genitori erano alcolisti.

Ciò comunque non significa che l’alcolismo sia un disturbo ereditario e si può anzi sostenere che lo stile di vita dell’alcolista, il suo modello comportamentale, la sua cultura familiare trasmessa di generazione in generazione, sono modellati su quell’ambiente per il quale il bere ha un particolare significato e valore. La qualità dei rapporti familiari in queste famiglie è spesso degradata.

I rapporti e le comunicazioni interpersonali sono impoveriti e scadenti e l’empatia non esiste, come testimoniano gli alcolisti che si sottopongono al trattamento o entrano nel Club. Si può parlare di alessitimia degli alcolisti, per indicare una situazione caratterizzata da comunicazioni povere, da assenza di rapporti emozionali e da mancanza di interazioni fra i membri della famiglia e la comunità. L’alcolismo accorcia significativamente la durata della vita, di 10-20 anni almeno, come dimostrano le nostre ricerche non ancora pubblicate, e la letteratura alcologica mondiale (Marek Z. e coll., 1980; Harvey J.G., 1981; Valverius M.R., 1981). Inoltre più della metà dei casi di cirrosi epatica è alcolcorrelata.

I problemi sanitari e sociali legati all’alcolismo si potrebbero riassumere nei seguenti punti:

  • L’alcolista si ammala nell’età più produttiva della sua vita, e ciò influisce significativamente sul suo tenore di vita oltre a rendere problematici i suoi rapporti con la famiglia e col gruppo sociale all’interno del quale vive e lavora.
  • L’alcolismo ha ripercussioni negative anche sui membri della famiglia dell’alcolista e del suo gruppo di lavoro. L’alcolismo dei genitori è estremamente pericoloso per l’educazione dei figli; si parla di coalcolismo e di coalcolisti (Scheller R., 1990). Poiché l’alcolismo colpisce tutto il sistema familiare, non è possibile prevenire i disturbi alcolcorrelati e operare dei cambiamenti comportamentali senza coinvolgere l’intera famiglia.

Ciò significa anche coinvolgere nel trattamento tutte le figure esterne al gruppo familiare che rivestono però un particolare significato per la famiglia o che si trovano con essa in stretto rapporto (amici, compagni di scuola dei figli, colleghi di lavoro, ecc.).

Per la stabilità della famiglia l’alcolismo femminile è molto più pericoloso di quello maschile e porta rapidamente ad una sua disintegrazione. Il numero di donne alcoliste è in forte aumento. Sono sempre più frequenti i casi di donne alcoliste, spesso mogli di alcolisti, che si sottopongono a trattamento. Il coinvolgimento del marito, alcolista o non alcolista, è sempre molto difficile e problematico. Anche l’astinenza richiesta al marito coinvolto nel trattamento multifamiliare si ottiene con grandi difficoltà e crea spesso problemi al Club e agli operatori. Una difficoltà che insorge spesso in questi casi si ha quando gli operatori che si trovano a trattare queste famiglie cominciano a parteggiare per uno dei due coniugi, di solito il marito. Questo impedisce spesso il buon esito del trattamento. È infatti il sistema familiare nella sua globalità che deve essere considerato bisognoso di trattamento.

Della drammatica realtà dei problemi alcolcorrelati testimoniano anche gli impressionanti dati sugli incidenti stradali causati dall’intossicazione acuta da alcol o dall’alcolismo. Spesso si tratta di incidenti mortali o causa di invalidità permanenti. Nel capitolo dedicato all’epidemiologia si è accennato agli Stati Uniti, dove il numero dei decessi per incidenti stradali è paragonabile a quello causato da una guerra regionale di media entità.

Per far fronte alle conseguenze dei disturbi alcolcorrelati, la comunità stanzia notevoli mezzi finanziari, sia attraverso le strutture sanitarie che quelle sociali. Particolarmente importante, seppur trascurata, è la valutazione dei risultati ottenuti da questi programmi che spesso non sono all’altezza delle aspettative e costano decisamente troppo rispetto ai pochi benefici che procurano.

Il bere femminile e i problemi alcolcorrelati nella donna

Negli ultimi anni, sempre più frequentemente sono apparsi in letteratura dei lavori sul bere femminile e sui problemi alcolcorrelati e sull’alcolismo nella donna.

Nonostante ciò, fino a tempi molto recenti, le ricerche serie sul bere femminile sono state pochissime e gran parte del materiale pubblicato si è basato prevalentemente su impressioni soggettive e individuali, non supportate scientificamente.

L’Ufficio Europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato un compendio di questi lavori curato da Plant L.M. (1990).

Nonostante esistano varie teorie sul bere femminile e sui problemi alcolcorrelati nelle donne, e malgrado ne siano state ipotizzate caratteristiche particolari, non si può dire che siano state individuate differenze specifiche rispetto al bere dei maschi. Anche quando queste differenze esistono, sono determinate, in entrambi i sessi, da influenze culturali, sia familiari che sociali, presenti all’interno della comunità e nella realtà femminile legata allo specifico ciclo vitale e alle caratteristiche ormonali della donna. Nella letteratura sono descritti alcuni aspetti correlati al bere femminile; ricordiamo in particolare le abitudini derivanti dalla cultura e dalle tradizioni, la gravidanza, la sindrome alcolica fetale, le correlazioni con i tumori, in particolare con i tumori della mammella, il ciclo mestruale, ecc.

Dalle indagini epidemiologiche, decisamente minori nella popolazione femminile rispetto a quella maschile, risulta che le donne bevono meno degli uomini nella maggior parte delle culture, che sono più rappresentate nel gruppo degli astinenti e degli astemi, ecc.

Tuttavia, in certe categorie particolari, come nella categoria delle donne lavoratrici, si sono verificati dei cambiamenti nel bere che hanno avvicinato il bere femminile a quello maschile. Negli ultimi cinquant’anni abbiamo assistito ad altri cambiamenti radicali e rapidi nel ruolo sociale della donna nei diversi Paesi e ad una sorta di «avvicinamento» al bere. Dopo la seconda guerra mondiale il consumo medio di alcol anidro annuo pro capite aumentato e questo ha prodotto un aumento della prevalenza dei problemi alcolcorrelati nella popolazione di entrambi i sessi.

In questo ultimo periodo l’occupazione femminile ha segnato un forte aumento e questo ha portato la donna in ambienti e contesti in cui si beve, portandola così ad accettare le modalità di consumo degli alcolici tipiche della popolazione maschile.

Le donne accedono più raramente degli uomini ai trattamenti per i problemi alcol correlati.

Alcuni lavori sostengono che quando nella donna si sviluppa una dipendenza alcolica, sono presenti lesioni più gravi rispetto a quelle che si riscontrano nella popolazione maschile. Dal Registro degli alcolisti ospedalizzati nella Repubblica di Croazia si ricava che nel periodo 1965-85 in tutta la Repubblica sono stati ospedalizzati 102.721 maschi e 17.652 femmine.

Nel periodo in questione è aumentato il numero delle ospedalizzazioni per alcolismo, sia per i maschi che per le femmine. Tale aumento non può essere attribuito ad un aumento reale degli alcolisti nella popolazione, in un lasso di tempo così breve.

L’aumento delle ospedalizzazioni è causato da diversi fattori tra cui i miglioramenti registrati nei trattamenti, l’aumento dei posti letto nei ser vizi alcologici, l’interesse maturato per i problemi alcol correlati tra gli operatori sanitari e sociali e, più in generale, nei servizi pubblici e nelle istituzioni.

Dal Registro degli alcolisti ospedalizzati nella Repubblica di Croazia si vede che le donne rappresentano poco più del 15% sul totale dei primi ricoveri degli alcolisti e che il loro numero aumenta, in termini relativi, in maniera più veloce rispetto a quello della popolazione maschile.

Nella fascia di età fino ai trent’anni il numero delle donne ospedalizzate non cresce più rapidamente rispetto al numero riferito alla popolazione maschile, sempre in termini relativi. Nella fascia di età dopo i sessant’anni la crescita della popolazione femminile diventa invece significativa rispetto a quella maschile. Nel gruppo della popolazione maschile non vi è un cambiamento significativo, per quanto riguarda il pericolo considerato, in nessuna delle due fasce di età. Nella popolazione femminile è segnalato l’aumento dei casi di tumore, aumento simile a quello che si registra nella popolazione maschile. La maggioranza dei lavori che descrivono la correlazione tra l’alcolismo e i tumori parlano in particolare di aumento del carcinoma della mammella.

I risultati del trattamento nella popolazione femminile, in base alle nostre esperienze, dipendono, come del resto nella popolazione maschile, dalla qualità del trattamento medesimo. Quando il Club lavora bene i risultati sono eguali per entrambi i sessi. Esistono esperienze secondo le quali i risultati sarebbero anche migliori nella popolazione femminile.

Le esperienze maturate nei Club ci danno l’impressione che sia più facile ottenere la collaborazione da parte della moglie, quando alcolista è il marito, che non quella del marito quando alcolista è la moglie. Sembra inoltre che in molte famiglie, quando si presenta l’alcolismo della donna, quello dell’uomo sia già in essere.

Tutto ciò necessita comunque di ulteriori indagini e ricerche.

Una osservazione generale condivisa che emerge dal lavoro dei Club riguarda il fatto che la famiglia si disgrega molto prima quando l’alcolismo tocca la donna, in quanto moglie e madre.

La sindrome alcolico-fetale ultimamente è stata descritta molto spesso; per questo motivo ne parleremo diffusamente più avanti.

2 commenti su “Uscita Settima – Epidemiologia dell’alcolismo”

  1. Illuminato dall’importanza dell’epidemiologia dei problemi alcolcorrelati e complessi,non avevo ancora preso in considerazione questo aspetto preventivo fondamentale per noi.
    Anche noi possiamo portare avanti un lavoro epidemiologico atto a poter in conseguenza costruire una campagna di sensibilizzazione mirata a tutti si,ma soprattutto a chi ne ha più bisogno,con i mezzi di diffusione efficaci a seconda di chi li deve carpire. “Prevenire è meglio che curare”, oltretutto qui non c’è nulla da curare,se non le conseguenze alcolcorrelate,ma noi arriviamo e dobbiamo arrivare prima!
    Per fare ciò, penso costantemente all’idea di Luca emersa la scorsa settimana nella precedente discussione riguardo la possibilità di formare una nostra Commissione Scientifica,che ci possa fornire un’analisi epidemiologica territoriale di Brescia e provincia simile in struttura a quella Croata, tanto per capirci.
    Il lavoro di approvvigionamento dati andrebbe svolto in team con Palazzolo (Dott.Scaglia),i NOA , i SERD cittadini e provinciali, le Comunità di recupero,etc…..
    Per l’elaborazione dei dati ricevuti possiamo coinvolgere l’università Cattolica di Brescia e Milano.
    Il lavoro che ci aspetterebbe per portare avanti tutto questo è notevole,ma penso sia di immensa funzionalità anche il risultato,che ci permetterebbe di alzare il tiro con una sensibilizzazione mirata e di grande impatto, perché efficiente.
    Propongo di iniziare a pensare realmente ad un progetto in questa direzione.

    Bruno.

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