Le complicanze fisiche dell’alcolismo

Uscita Dodicesima – 2. I DISTURBI ALCOLCORRELATI A BRESCIA

3.3 – Capitolo terzo Le complicanze fisiche dell’alcolismo

3.3.a Introduzione Claudio Zorzi – servitore insegnante di Club

Le informazioni contenute nel capitolo originale rappresentano quanto la comunità scientifica conosceva in tema di malattie alcolcorrelate agli inizi degli anni Novanta.

Già nel 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in collaborazione con la Addiction Research Foundation di Toronto e con il contributo di ricercatori di almeno 80 Paesi delle 6 regioni OMS, aveva pubblicato la prima review sulle misure di prevenzione, sulle politiche di controllo e sui programmi in atto di cui Hudolin aveva sicuramente conoscenza, anche se non risulta citata in bibliografia.

Però nonostante la consapevolezza dell’importante impatto dell’alcol sulla salute, solamente nel 1999 è stata pubblicata la prima vera analisi sistematica della epidemiologia del consumo di alcol e dei danni correlati a cura del Substance Abuse Department dell’OMS che, a partire dal 1995 con la Conferenza di Parigi, aveva proposto le linee guida per il monitoraggio dei problemi di salute attribuibili all’alcol.

A questo primo report sono poi seguiti quelli del 2004, del 2011 e del 2014 che hanno aggiornato le sempre più numerose conoscenze prodotte dalla comunità scientifica e ridefinito anche la classificazione delle malattie e dei disturbi legati al consumo di alcol, introducendo concetti quali quelli di «mortalità alcol attribuibile», di «malattie completamente e parzialmente attribuibili al consumo di alcol», di «incidentalità alcol attribuibile» e di «costi globali per malattia legati al consumo di alcol».

Ad oggi possiamo dire che la classificazione delle malattie legate al consumo di alcol è fondamentalmente cambiata. Le malattie riconosciute come attribuibili al consumo di alcol sono almeno 200 (codici a tre numeri ICD 10). Con il termine «completamente attribuibili» si intende che l’unica causa di queste malattie è l’alcol. Con il termine «parzialmente attribuibili» si intende che l’alcol è una delle cause possibili (ad esempio: l’alcol è causa del 50% delle cirrosi epatiche, il rimanente 50% essendo attribuibile a cause virali, avvelenamenti e altro oppure è causa dell’8% dei tumori al seno, il rimanente 92% invece ad altre cause).

Malattie e cause di morte completamente e parzialmente alle complicanze fisiche dell’alcolismo

(NdR WHO, Global Status Report on Alcohol, 2014.

[Il Report propone valori di mortalità mondiale alcol attribuibile pari a 5,2% di tutte le morti e valori di mortalità europea alcol attribuibile pari a 13,3% di tutte le morti. Da ciò consegue che anche la mortalità alcol attribuibile specifica per malattia è maggiore nella Regione Europea in relazione anche ai consumi pro capite più elevati (nella popolazione di 15 anni o più, 6,2 litri pro capite per anno nelle 6 regioni OMS e 10,9 litri nella Regione Europea]).

(NdR J. Rehm, K.D. Shield, M.X. Rehm, G. Gmel e U. Frick, Alcohol consumption, alcohol dependence and attributable burden of disease in Europe: Potential gains from effective interventions for alcohol dependence, Toronto, Centre for Addiction and Mental Health, 2012.

[Il Report si focalizza sulla situazione nella Regione Europea dell’OMS e nelle relative sotto aree su dati del 2004. È evidente che anche nella sotto area con i minori consumi di alcol come il sud Europa la mortalità totale alcol attribuibile risulta pari al 9,2% negli uomini e al 6,2% nelle donne, vale a dire che negli uomini 1 morte su 11 è alcol attribuibile e nelle donne 1 su 16]).

(NdR E. Scafato, C. Gandin et al., Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia e nelle Regioni, Rap-porto ISTISAN 2014. http://www.iss.it/publ/?lang=1&id=2799&tipo=5

Ad oggi la classificazione delle malattie e cause di morte è profondamente mutata (almeno nei Paesi a cosiddetta economia avanzata) in relazione al cambiamento dei consumi, alle diverse modalità con cui le bevande alcoliche vengono consumate e anche allo stato generale di nutrizione della popolazione.

I disturbi classici dell’apparato neurologico legati al consumo di alcol quali il deliriumtremens si sono enormemente ridotti nel giro degli ultimi trent’anni, le cirrosi sono sicuramente in calo e con esse la mortalità correlata, in relazione alla importante riduzione del consumo medio pro capite di alcol nella popolazione sopra i 15 anni (almeno nei Paesi del sud Europa e in Italia in particolare), mentre aumentano le conoscenze e l’impatto di patologie parzialmente alcol attribuibili ma diffuse come i tumori e le patologie cardiovascolari.

Le malattie alcolcorrelate descritte da Hudolin (soprattutto nella sezione neurologica) rappresentano oggi un riferimento quasi storico, mentre il panorama delle malattie e dei danni alcolcorrelati si arricchisce, oltre che di nuove attribuzioni come le aritmie e la psoriasi e i tumori, di tutti i traumatismi, gli omicidi, i suicidi e altri incidenti alcol attribuibili quali le violenze fra persone, gli atti di autolesionismo, gli incidenti non intenzionali (ipotermia/ ipertermia, morsi da animale e gli annegamenti), le cadute e l’incidentalità stradale.

3.3.b – Capitolo terzo Hudolin le complicanze fisiche dell’alcolismo

Considerazioni generali delle complicanze fisiche dell’alcolismo

Nel corso del colloquio e durante la visita, il medico deve prestare la dovuta attenzione a quei disturbi organici e psichici che si manifestano negli alcolisti, specie agli stadi più avanzati. Talvolta sarà necessario ricorrere a ulteriori esami, strumentali e di laboratorio.

Lo sviluppo dell’alcolismo può essere accompagnato da una serie di complicanze, conseguenza del danno provocato dall’alcol a carico della maggior parte degli organi e degli apparati. Già lo stato di intossicazione acuta può provocare complicanze a livello del sistema nervoso, ad esempio, il coma alcolico. E l’intossicazione acuta, del resto, è un tipico disturbo fisico, anche se limitato nel tempo. Ricordiamo che anche il cosiddetto bevitore moderato può presentare disturbi e patologie alcol correlate.

Di recente sono state segnalate correlazioni significative tra abuso di alcol e comparsa di patologie tumorali.

È stato statisticamente dimostrato che gli alcolisti sono più colpiti dal carcinoma della lingua, del cavo orale, del palato molle, del fegato e in genere di tutto l’apparato gastrointestinale; le donne alcoliste sono più colpite invece dal carcinoma della mammella (Eckhardt M.J. e coll., 1981).

La clinica ci insegna che l’incidenza deitumori negli alcolisti è maggiore rispetto a chi non è alcolista. (NdR E. Scafato, Alcol e cancro: evidenze scientifiche, valutazione di impatto e analisi delle possibili iniziative di prevenzione e di comunicazione, 2013. [Si tratta della elaborazione dei dati Istat Multiscopo e DB mortalità2008. Si evidenzia che il 3,7% dei decessi totali per tumore era alcol attribuibile] http://www.epicentro. iss.it/approfondimenti/2013/pdf/trasversali_WorldCancerDay2013_alcol.pdf].

Per quanto riguarda i tumori alcol attribuibili è oggi noto che essi sono correlati esclusivamente al consumo di alcol e non alle modalità di consumo: quanto più elevato è il consumo, tanto maggiore è il rischio di ammalarsi e quindi già a consumi bassi si osserva un aumento di rischio. Inoltre, a parità di consumo, il rischio varia a seconda del tipo di tumore (a parità di consumo il rischio di cancro della laringe, ad esempio, è maggiore di quello per il cancro al seno).

E questo anche dopo l’inizio del trattamento e il relativo miglioramento generale dello stato di salute, specie se il trattamento è stato avviato con ritardo.

L’alcolista spesso si alimenta male e presenta carenze vitaminiche, soprattutto di vitamine del gruppo B. Oggi è opinione generalmente accettata che le complicanze fisiche dell’alcolismo siano conseguenza, nella maggior parte dei casi, di alterazioni del metabolismo legate a carenze vitaminiche e proteiche, fermo restando naturalmente la tossicità diretta dell’alcol sulle cellule.

(NdR Dal 2007 lo IARC (International Agency for Research on Cancer) ha inserito l’alcol (acetaldeide) fra le sostanze carcinogene — Alcohol Consumption and Ethyl Carbamate. IARC Monographs on the Evaluation of Carcinogenic Risks to Humans. IARC Monographs, volume 96 e volume 100-E. [Come noto, fisiologicamente l’alcol subisce una metabolizzazione che è sostenuta principalmente dall’alcoldeidrogenasi (ADH) epatica (in misura minore a livello gastrico attraverso il cosiddetto first pass metabolism).

Il principale prodotto derivato dall’etanolo presente nelle bevande è l’acetaldeide, sostanza tossica e direttamente implicata nel meccanismo di sviluppo dei principali tumori del tratto gastrointestinale e in particolare dei tumori maligni all’esofago. Nel 2010, una nuova monografia dello Iarc ha fornito evidenze aggiornate sulla carcinogenicità dell’alcol contenuto in tutte le bevande alcoliche, dell’acetaldeide (metabolita principale dell’etanolo) e dell’etilcarbammato (un contaminante frequente dei cibi fermentati e delle bevande per il quale le evidenze di carcinogenicità sono reputate sufficienti nel modello animale e probabili per l’uomo). I risultati, tratti da studi di coorte, caso controllo e metanalisi confermano con sufficiente evidenza che le bevande alcoliche e l’acetaldeide associata a esse siano carcinogene negli esseri umani]).

Le carenze alimentari dell’alcolista dipendono da alcuni fattori: le complicanze fisiche dell’alcolismo

  1. 1. In genere l’alcolista si nutre poco perché soddisfa, almeno in parte, il suo fabbisogno calorico consumando alcol, che però è privo di vitamine.
  2. 2. L’alcolista non assimila del tutto le sostanze alimentari, o le assimila male, a causa delle lesioni dell’apparato gastrointestinale.

Le lesioni di alcuni organi, tranne quelle a carico del sistema nervoso, sono di competenza dell’internista. Ne daremo qui una breve descrizione. La diagnosi e la cura di questi disturbi vanno attuate a prescindere dal fatto che l’alcol ne sia la causa. Naturalmente è essenziale che l’alcolista sia astinente e che assieme alla sua famiglia sia inserito in un Club degli alcolisti in trattamento.

Ovviamente se il primo colloquio è stato condotto da un operatore non medico, questi non potrà visitare il paziente, non formulerà la diagnosi medica o psichiatrica, né interverrà su eventuali complicanze fisiche dell’alcolismo.

L’operatore non medico, se lo sospetta, segnalerà la presenza di eventuali disturbi di natura medica al medico curante. Il trattamento dell’alcolista, che è in cura per problemi fisici, è comunque uguale a quello di qualsiasi altro alcolista.

Patologie del cavo orale e complicanze fisiche dell’alcolismo

Per la mancanza di igiene e la scarsa cura della persona, l’alcolista è spesso affetto da paradentosi e da carie. Negli alcolisti il carcinoma della lingua, dell’epilaringee e della laringe sono più frequenti che nei non alcolisti; questo anche nel caso di alcolisti non fumatori (NdR A livello mondiale il 30% della mortalità per tumori del cavo orale e della faringe e il 23% per tumori della laringe è attribuibile all’alcol. In Italia il 36% negli uomini e il 20,4% nelle donne per i tumori del cavo orale della faringe e il 48,2% e il 35,2% rispettivamente per la laringe.

Patologie dell’esofago e complicanze fisiche dell’alcolismo

Nell’alcolista si manifesta con una certa frequenza un’alterata funzionalità del cardias e di conseguenza il contenuto dello stomaco refluisce nell’esofago. Avremo in questo caso un’esofagite da reflusso. L’esofagite può essere anche dovuta ad azione diretta dell’alcol sulla mucosa. Non di rado si manifesta la sindrome di Mallory-Weiss data dalla fessurazione longitudinale della parete esofagea. Gli alcolisti sono colpiti da carcinoma dell’esofago con frequenza cinque volte maggiore rispetto ai non alcolisti e ai non fumatori. (NdR A livello mondiale il 22% della mortalità per tumore dell’esofago è attribuibile all’alcol; in Italia il 43,3% negli uomini e il 28% nelle donne).

Sono più frequenti di quello che si pensa comunemente le varici esofagee e del fondo gastrico. Si manifestano a causa dell’ipertensione nel sistema della vena porta. È sempre alto, in questo caso, il pericolo di exitus per rottura delle varici e conseguente emorragia. Segni premonitori possono essere: tracce di sangue nel vomito, feci di colore scuro, anemia, pallori improvvisi, ipotensione.

Patologie dell’apparato gastrointestinale e complicanze fisiche dell’alcolismo

Gastriti, emorragie, lesioni della mucosa intestinale sono le più frequenti complicanze dovute all’alcolismo che si manifestano a carico dell’apparato gastrointestinale. All’inizio la secrezione dei succhi gastrici è assai abbondante. In seguito al manifestarsi di lesioni della mucosa, la secrezione diminuisce o addirittura scompare del tutto dando luogo al quadro della gastrite atrofica. Nell’alcolista è frequente il cosiddetto vomito mattutino, che indica la presenza di lesioni e che è anche uno dei sintomi della sindrome da astinenza. L’alcolista cerca di alleviare questo disturbo con l’assunzione, a digiuno, di una certa quantità di alcol.

Un gran numero di autori ha riportato l’elevata frequenza di alcolisti nei gastro resecati (NdR Negli anni ‘70-’80 la gastroresezione era una modalità terapeutica praticata soprattutto per le ulcere gastriche oltre che per i tumori. Attualmente la resezione gastrica è una modalità terapeutica obsoleta (salvo che per i tumori), in relazione alla disponibilità di farmaci antiulcera molto efficaci). Il paziente gastro resecato si accorge molto presto che l’alcol reca sollievo ai suoi problemi digestivi, per cui comincia ad assumere alcolici, vino soprattutto, invece di far uso dei farmaci. Poiché in questi soggetti viene a mancare l’azione dei succhi gastrici e l’assorbimento è più veloce che nelle persone sane il fegato è colpito molto rapidamente e altrettanto rapidamente si manifesta l’alcolismo. L’alcolismo che si manifesta nei gastro resecati si può sostanzialmente far rientrare negli alcolismi secondari.

In questi soggetti, talvolta, l’alcolismo può essere indotto dal medico, che consiglia al paziente di assumere con il cibo piccole quantità di alcol. Il paziente interpreta poi questo consiglio come un invito ad assumere tutto l’alcol necessario a farlo star bene. Si parlerà quindi di alcolismo iatrogeno.

Patologie epatiche e complicanze fisiche dell’alcolismo

Gli alcolisti soffrono molto spesso di disturbi al fegato. La cirrosi epatica alcolica è un’affezione così caratteristica nell’alcolista, che alcuni autori calcolano il numero degli alcolisti sulla base del numero degli ammalati e dei deceduti per cirrosi epatica. Su questa base anche Jellinek ha elaborato il proprio metodo di determinazione della prevalenza dell’alcolismo.

Secondo la maggior parte degli autori, i primi danni a carico del fegato si manifestano con l’infiltrazione di grasso tra le cellule epatiche dando luogo al quadro della steatosi epatica.

Ma i danni al fegato sono realmente provocati dall’alcol? E se lo sono, è una conseguenza dell’azione diretta dell’alcol, oppure si tratta di una conseguenza indiretta legata a disfunzioni metaboliche causate dall’alcol?

La maggior parte degli autori è oggi del parere che la responsabilità principale sia data dall’azione diretta dell’alcol sulla cellula epatica. Solo il 10% dell’alcol assunto viene eliminato attraverso l’aria espirata e le urine. Tutto il resto viene ridotto, nel fegato, ad acqua, H2O, e anidride carbonica, CO2. Sulla diffusione della cirrosi epatica fra gli alcolisti, non tutti gli autori sono concordi. La maggior parte ne stima la frequenza intorno al 5-6%. (NdR A livello mondiale il 50% delle morti per cirrosi epatiche è attribuibile all’alcol).

Secondo alcuni autori, l’alcol è il principale fattore eziologico, nei Paesi sviluppati, in circa la metà dei casi di cirrosi epatica. (NdR Nella Regione Europea dell’OMS la cirrosi alcolica è responsabile del 78% della mortalità per cirrosi negli uomini e del 76% nelle donne).

La maggior parte degli autori ritiene che la cirrosi epatica alcolica cominci a manifestarsi con l’ingrossamento del fegato.

Alcuni autori sono del parere che la cirrosi epatica alcolica sia provocata dall’assunzione di determinati tipi di bevande alcoliche, come ad esempio il vino. A conferma di ciò, questi autori portano le statistiche dei Paesi dove si consumano grandi quantità di vino e dove la cirrosi si manifesta più di frequente, e cioè in Francia e in Italia. Esistono anche interpretazioni diametralmente opposte. È più corretto affermare che esiste probabilmente una correlazione significativa tra cirrosi epatica alcolica e modalità di consumo della sostanza alcolica, piuttosto che tra tipo di bevanda alcolica e cirrosi epatica. (NdR J. Rehm, B. Taylor, S. Mohapatra, H. Irving, D. Baliunas, J. Patra et al., Alcohol as a risk factor for liver cirrhosis: A systematic review and meta-analysis, Drug Alcohol Rev., 29, 2010, pp. 437-445. doi: 10.1111/j.1465-3362.2009.00153.x.

[La Revisione descrive l’impatto dell’alcol sull’evoluzione della cirrosi epatica. La curva che descrive il rischio di sviluppare una cirrosi epatica in relazione al consumo di alcol è molto più piatta che non quella che descrive la relazione fra mortalità per cirrosi epatica e consumo di alcol. Questo sta a indicare che livelli di consumo di alcol relativamente bassi non sono associati con un incremento marcato del rischio di cirrosi, cosa invece reale a livelli di consumo elevati.

Se peraltro una persona ha sviluppato una cirrosi epatica per qualsiasi causa (alcol o non alcolcorrelata) il rischio di morte diventa elevato per qualsiasi consumo di alcol]).

La correlazione tra consumo di alcolici e cirrosi epatica è facilmente dimostrabile. Basta dare uno sguardo alle cifre, per vedere come il numero di casi di cirrosi epatica alcolica segua fedelmente i dati relativi al consumo di alcolici in una data popolazione. Negli Stati Uniti i casi di cirrosi hanno subito una flessione durante il periodo del proibizionismo, cioè tra il 1918 e il 1932, e alla sua abolizione hanno avuto una rapida impennata.

Lo stato di funzionalità del fegato può essere indagato attraverso una serie di esami di laboratorio. Le patologie alcolcorrelate che colpiscono il fegato sono spesso molto gravi e possono, come si sa, condurre a morte. Inoltre, i danni al fegato hanno un’incidenza significativa sui danni a carico del sistema nervoso. La cirrosi epatica alcolica, negli stadi più avanzati, è incurabile e provoca la morte. Per questo è importantissimo intervenire precocemente avviando l’alcolista al trattamento prima che la patologia cirrotica giunga a scompenso. Negli ultimi anni sono stati anche presentati molti studi sull’aumento della frequenza del carcinoma del fegato e di alcuni tumori del tubo digerente fra gli alcolisti.

Patologie dell’apparato cardiovascolare e complicanze fisiche dell’alcolismo

L’alcol provoca anche patologie a carico del sistema cardiovascolare (Regan T.J., 1981). La carenza di vitamina B può provocare nell’alcolista lesioni del miocardio. Al riguardo, varie sono le ipotesi. Già alla fine del secolo scorso era noto il cosiddetto cuore di birra, il Münchener Bierherz degli autori tedeschi.

Il termine alcoholic heart disease, «cardiopatia alcolica», è stato usato per la prima volta da Mackenzie nel 1902. All’inizio del secolo si notò una qualche correlazione fra alcolismo e beriberi. La Occidental beriberi, «beriberi alcolico», o cardiomiopatia alcolica, può essere conseguenza della carenza di vitamina B, del deficit alimentare, o della composizione delle bevande alcoliche, in questo caso la presenza di cobalto. Probabilmente vi è anche una lesione del miocardio, causata direttamente dall’alcol.

Molti autori asseriscono che esiste un quadro specifico della cardiomiopatia alcolica, che risulterebbe anche dagli esami strumentali. Gli esami anatomopatologici invece non sono specifici per questa patologia.

Fino a poco tempo fa si riteneva che l’alcol agisse da vasodilatatore coronarico e potesse essere indicato per la cura dei disturbi ischemici. Di conseguenza, il medico consigliava a pazienti con patologie coronariche di assumere alcolici, preferibilmente superalcolici, e non erano rari i casi di alcolismo iatrogeno. In realtà, l’alcol nell’ischemia cardiaca copre pericolosamente il sintomo dolore, ha un’azione vasodilatatrice nella parte sana del miocardio, ma contemporaneamente peggiora l’afflusso di sangue nella parte ischemica o colpita da infarto. Oggi si sostiene che l’alcol rappresenta un fattore di rischio per cardiopatici e ipertesi (Viamontes J.A. e coll., 1981).

(NdR M. Roerecke e J. Rehm, Alcohol intake revisited: Risks and benefits, Curr Atheroscler Rep., 14, 2012, pp. 556-562. doi: 10.1007/s11883-012-0277-5. [L’articolo propone una revisione delle conoscenze relative alla relazione fra alcol e patologie cardiovascolari. La relazione esistente è complessa. L’effetto cardioprotettivo di livelli relativamente bassi di consumo per la cardiopatia ischemica e l’ictus ischemico scompare in presenza di modalità caratterizzate da binge o ubriachezza. Inoltre il consumo di alcol ha un effetto negativo sulla pressione, sulla fibrillazione atriale e sull’ictus emorragico indipendentemente dalle modalità di consumo.]

Nella Regione Europea dell’OMS l’effetto protettivo di bassi consumi di alcol sulla cardiopatia ischemica permette di evidenziare un risparmio di mortalità pari al 14% negli uomini e al 6% nelle donne, a fronte di una mortalità alcolcorrelata del 9% e del 7% rispettivamente per le altre cardiopatie).

Patologie muscolari e complicanze fisiche dell’alcolismo

La miopatia alcolica (ICD10: G72.1) è una sindrome clinica descritta negli ultimi trent’anni. La fisiopatologia di questa malattia non è chiara, nonostante si possa supporre che si tratti di un meccanismo simile a quello della cardiomiopatia alcolica. Classicamente si distingue una forma acuta e una forma cronica. La forma acuta si manifesta con dolori, edemi, senso di tensione dei muscoli colpiti. Viene diagnosticata abbastanza di rado, ricorrendo a esami ematochimici ed enzimatici. Di regola è benigna. Solo eccezionalmente porta a fenomeni di necrosi muscolare, accompagnati da mia globulinuria e da tubulo necrosi renale acuta.

La biopsia muscolare facilita la diagnosi. Nella forma cronica prevalgono l’atrofia e la degenerazione soprattutto dei muscoli prossimali. Non è accompagnata da dolori, però il decorso è progressivo senza manifestazioni apparenti. Talvolta si può presentare in forma subclinica.

Gli esperimenti non hanno però chiarito quanto e quanto a lungo occorra bere perché si manifesti la miopatia alcolica. Certo è che, anche se una persona beve senza ubriacarsi e al tempo stesso si nutre normalmente, non si può escludere che possa avere disturbi muscolari da alcol.

Patologie del pancreas e complicanze fisiche dell’alcolismo

Il consumo prolungato di alcol può portare a patologie delle ghiandole endocrine. Fra gli alcolisti sono stati descritti casi di patologie acute e croniche del pancreas, della tiroide, delle surrenali e particolarmente delle ghiandole genitali. Ci occuperemo in particolare del pancreas.

Le patologie alcolcorrelate del pancreas sono spesso molto importanti e possono essere a prognosi infausta, come nel caso della pancreatite dovuta all’intossicazione acuta da alcol. Le pancreatiti acute e croniche sono una patologia che si riscontra anche nei non alcolisti (ICD10: K85, K86.1). La pancreatite alcolica è una malattia del pancreas causata da una intossicazione acuta o nel caso di alcolismo.

Che il consumo cronico di alcolici possa portare a disturbi del pancreas è un fatto ormai accettato. Harrison ritiene l’alcolismo uno dei maggiori fattori eziologici della pancreatite. Questa si manifesta fra i 20 e i 40 anni, e più frequentemente in chi fa un consumo eccessivo di alcolici da 8-10 anni. L’esordio è brusco e i sintomi sono: dolori addominali trafittivi acuti, intermittenti e sempre più frequenti; poi nausea, vomito, blocco intestinale. Capita non di rado che prima che sia posta una diagnosi corretta, il paziente venga ricoverato in ospedale anche più volte. La pancreatite, in forma acuta e cronica, anche se meno frequentemente della cirrosi epatica, è con quest’ultima la più pericolosa delle complicanze gastrointestinali dell’alcolismo.

La patogenesi dei disturbi del pancreas

di origine alcolica non è ancora stata chiarita del tutto, anche se sono state avanzate diverse ipotesi e anche se sono stati pubblicati i risultati di tutta una serie di esperimenti sugli animali. Dopo una serie di attacchi acuti si manifesta il quadro clinico della pancreatite cronica, che ha spesso esito letale. I dolori, che si fanno via via più intensi, possono portare il paziente alla dipendenza da oppiacei, se questi si abitua a farne uso per alleviare gli spasmi.

Da un punto di vista anatomopatologico si evidenziano alterazioni del tessuto pancreatico. In almeno un terzo dei casi si instaura una insufficienza endocrina ed esocrina con corrispondenti alterazioni metaboliche tra cui sono da segnalare il diabete mellito secondario e la steatorrea. Ai fini terapeutici è estremamente importante l’astinenza dall’alcol e l’inizio del trattamento nel Club. L’intervento chirurgico presenta notevoli difficoltà e un alto tasso di mortalità per cui è stato quasi del tutto abbandonato.

Come abbiamo già detto la pancreatite acuta si manifesta talvolta anche in seguito ad un grave stato di intossicazione acuta, non necessariamente in un paziente alcolista.

Patologie della pelle e complicanze fisiche dell’alcolismo

Nell’alcolista le malattie della pelle sono da mettere in relazione a carenze vitaminiche. È il caso, ad esempio, della pellagra dell’alcolista. Bere problematico e alcolismo provocano anche altre patologie della pelle tra cui atrofia e disturbi circolatori.

La pelle risente sia delle lesioni causate dall’alcol nei vasi sanguigni, sia della carenza di vitamine, conseguenza, come abbiamo visto, dell’inadeguata alimentazione dell’alcolista. Inoltre le lesioni e i disturbi di alcuni organi si ripercuotono sulla pelle, ad esempio quelli dell’apparato gastrointestinale. L’alcol ha un effetto irritante sulla pelle, già al primo contatto. Nel soggetto in stato di intossicazione acuta si manifesta un rossore sul volto, eritema alcolico, analogo a quello che si manifesta dopo un pasto abbondante, eritema postprandiale. Il rossore si manifesta nella zona del capo e nella parte superiore del petto.

Le interazioni fra pelle e apparato gastrointestinale sono conosciute da molto tempo. Sono note le dermatosi correlate a malattie gastrointestinali, e parimenti disturbi digestivi presenti in alcune dermatosi. L’alcol agisce notoriamente sulla mucosa gastrointestinale e provoca cambiamenti nella secrezione dello stomaco, come già abbiamo visto. I riflessi viscero cutanei vegetativi, attraverso le fibre vasomotorie del parasimpatico, trasmettono degli stimoli causando l’arrossamento della pelle. Finché dura l’effetto dell’alcol, le piccole vene e i capillari della pelle sono dilatati e questo porta all’arrossamento del viso dell’alcolista.

L’alcolista è spesso affetto dalla rosacea,

che si manifesta in conseguenza delle alterazioni croniche delle vene e dei capillari della pelle. In più del 90% dei casi tale patologia è associata alla presenza di gastrite cronica. La rosacea si manifesta anche con ipertrofia delle ghiandole sebacee, flogosi cutanea e disturbi endocrinologici. Sul suo manifestarsi possono influire diversi altri fattori. Nei casi più gravi possono anche comparire delle protuberanze nodose sul naso e vicino al naso: rinofima alcolico. Va detto inoltre che, in concomitanza di patologie epatiche, possono manifestarsi altre malattie della pelle di cui la più nota è la porfiria cutanea tarda. Recentemente anche la psoriasi è stata inclusa fra le malattie parzialmente attribuibili all’alcol.

Alcuni autori sottolineano che fra gli alcolisti è frequente il tatuaggio della pelle. Bates R.C. (1963) giunge addirittura ad affermare che bisognerebbe considerare alcolista chiunque abbia tatuaggi, almeno fino a prova contraria. (NdR Come esistono dati di evidenza che un maschio adulto e sovrappeso potrebbe avere consumi di alcol pericolosi o con danni in atto; come esiste evidenza che l’epistassi potrebbe essere correlata ad analoghi elevati consumi, così esiste evidenza anche circa questa correlazione riportata da Hudolin pur con la cautela espressa [N. Guequen, Tattoos, piercing and alcohol consumption, Alcohol Clin Exp Res, 2012, Jul., 36(7), pp. 1253-1256. doi: 10.1111/j.1530-0277.2011.01711.x. Epub 2012 Apr 17]. 

Patologie ematiche e complicanze fisiche dell’alcolismo

Sono descritte alterazioni dell’ematopoiesi di tutti gli elementi corpuscolari del sangue (Lindernbaum J. e coll., 1968; Cowan D.H., 1971; Göbel K.M, 1978; Strauss D.J., 1973; Softic N., Hudolin Vl e coll., 1984, 1985, 1985): anemia sideroblastica e altre emopatie. Alcuni esami di laboratorio vengono oggi largamente usati per la diagnostica del bere problematico e dell’alcolismo (in particolare la determinazione del volume globulare medio, MCV).

Ipoglicemia degli alcolisti e complicanze fisiche dell’alcolismo

Sempre più frequentemente vengono descritti in letteratura quadri di ipoglicemia nell’intossicazione acuta da alcol. A questo quadro clinico, che è molto frequente, non viene prestata la dovuta attenzione.

Può accadere che l’alcolista venga ricoverato per coma alcolico e passi successivamente ad un coma ipoglicemico, a volte anche mortale, senza che quest’ultimo venga diagnosticato. Il meccanismo dell’ipoglicemia negli alcolisti è stato studiato a lungo e interpretato in modi diversi. Le indagini più recenti, volte ad analizzare l’influenza dell’alcol sulla concentrazione di glucosio nel sangue, hanno permesso di arrivare ad una spiegazione definitiva.

Un quadro grave di ipoglicemia può arrivare sino al coma ipoglicemico. Se viene somministrato glucosio, la situazione migliora subito. Se l’ipoglicemia si protrae nel tempo, si possono avere lesioni, anche gravi, a carico del sistema nervoso centrale. Va detto che questa ipoglicemia non è legata ad una situazione di iperinsulinemia. Se l’ipoglicemia è in forma lieve, si possono manifestare diversi disturbi psichici e neurologici, simili ai disturbi tipici dello stato di intossicazione acuta. Per questo motivo spesso nella pratica clinica non vengono riconosciuti.

Di fronte ad un caso di coma alcolico e in genere nei casi di intossicazione acuta da alcol, bisogna sempre fare un controllo della glicemia. Nel caso si riscontri un quadro di ipoglicemia, va somministrato glucosio per via endovenosa. Quando il paziente riprenderà ad alimentarsi, sarà necessario correggere il suo deficit alimentare attraverso una dieta adeguata.

Sindrome di Zieve e complicanze fisiche dell’alcolismo

Con il termine di sindrome di Zieve (ICD10: K70.0) è descritta l’iperlipemia acuta transitori dell’alcolista. Si ritiene che si manifesti in presenza di disturbi del pancreas e del fegato. Zieve L. (1958, 1966) ha descritto per primo questa rara sindrome clinica. Il quadro clinico è caratterizzato da tre sintomi: l’iperlipemia, l’anemia emolitica e l’epatite.Èpresente inoltre un quadro di steatosi o di cirrosi.

Il paziente è in genere inappetente, manifesta un progressivo indebolimento e lamenta dolori acuti nella parte superiore dell’addome. Il meccanismo patogenetico dell’anemia nella sindrome di Zieve è stato descritto da Balcerzak S.P. e Nesterman M.P. (1968). Sospendere il consumo di alcol non basta a migliorare la situazione. La guarigione può richiedere da 4 a 6 mesi. Formulare la diagnosi è molto difficile; ci si può arrivare con l’ausilio degli esami di laboratorio, in particolare con il lipidogramma elettroforetico e gli esami di funzionalità epatica.

Alcolismo e tubercolosi e complicanze fisiche dell’alcolismo

Alcolismo e tubercolosi si manifestano spesso contemporaneamente in uno stesso paziente (NdR Il WHO, nel Global Status Report on Alcohol, 2014, riporta che la mortalità per TBC alcol attribuibile è pari al 12% del totale. La loro possibile correlazione ha sempre attirato l’interesse dei ricercatori, anche perché quando le due malattie sono compresenti i loro rispettivi trattamenti diventano più difficili. Alcuni studiosi avevano avanzato l’ipotesi che le cause, sia della tubercolosi che dell’alcolismo, fossero da ricercare nella miseria e nelle precarie condizioni di vita dei pazienti.

Quest’ottica è discutibile e alcuni sostengono che la miseria è più una conseguenza, che non una causa, dell’alcolismo, alcolismo che potrebbe avere invece nel troppo benessere una delle sue cause. Altri autori hanno ipotizzato che l’alcolismo, portando a disordini alimentari e a una generale debilitazione, renda l’organismo più predisposto alla tubercolosi.

Neanche questa ipotesi è però stata suffragata da prove certe. Vi può essere anche un meccanismo inverso. È il caso di quei soggetti che ricorrono all’alcol per alleviare le tensioni provocate da una malattia cronica, a forte carica emozionale, come nei Paesi dove il problema è stato studiato meglio e vi sono le casistiche più numerose si è raggiunta la convinzione che la madre non dovrebbe consumare bevande alcoliche in gravidanza, come pure non dovrebbe fumare o assumere qualsiasi altra droga.

L’assunzione, durante la gravidanza, di quantità anche minime di alcol può provocare la comparsa di lievi sintomi, e a volte di quadri subclinici della fetopatia alcolica. Il quadro clinico è più grave se i danni causati dall’alcol sono precoci, in specie se avvengono nei primi tre mesi di gravidanza.

i corre il rischio di provocare gravi deformità a carico del feto, oppure ritardi nello sviluppo. Molto spesso si lamentano casi di microcefalia, di ritardo mentale, di deformità delle labbra e delle orecchie. Attualmente la classificazione della fetopatia alcolica è molto articolata. Essa distingue la Sindrome Feto Alcolica (Fetal Alcohol Syndrome, FAS), la FAS parziale, i Disordini dello Sviluppo Neurologico Alcolcorrelati (Alcohol-Related Neurodevelopmental Disorders, ARND) e i Difetti Congeniti Alcolcorrelati (Alcohol-Related Birth Defects, ARBD) (NdR Guida alla diagnosi dello spettro dei disordini feto-alcolici https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubbli-cazioni_1620_allegato.pdf (accesso il 7 febbraio 2015).

Patologie del sistema nervoso e complicanze fisiche dell’alcolismo

I danni a carico del sistema nervoso sono una delle complicanze più frequenti dell’alcolismo e quasi tutti gli alcolisti ne soffrono. Le lesioni sono a carico sia del sistema nervoso centrale che di quello periferico parla dei vari aspetti fenomenologici dell’alcolismo. Franceschi M. e coll. (1984) parlano della relazione fra i disturbi cognitivi e le altre complicanze neurologiche. Le lesioni del sistema nervoso centrale sono spesso di origine metabolica per carenza di alcune vitamine del gruppo B. Vi sono però anche lesioni causate dall’azione tossica diretta dell’alcol sulle cellule cerebrali e, come studi recenti hanno evidenziato, alterazioni a livello dei neurotrasmettitori.

Le lesioni del sistema nervoso che si manifestano più frequentemente nell’alcolismo sono le seguenti:

  1. 1. L’ematoma subdurale si presenta negli alcolisti con una certa frequenza e a volte compare in entrambi gli emisferi. Poiché è importantissimo, in questi casi, intervenire con la massima urgenza, è bene sospettarne la presenza dopo ogni evento traumatico, come pure in ogni situazione di coma.
  2. 2. L’alcolismo è quasi sempre causa di atrofia della corteccia cerebrale. L’atrofia determina quadri di deterioramento che possono esitare in demenza. Caratteristico è anche il quadro clinico della demenza, in presenza anche di polineuropatia, nella malattia di Korsakov. L’atrofia può essere presente anche a livello delle strutture cerebrali profonde (atrofia sottocorticale).
  • 3. Viene descritta la degenerazione delle cellule cerebrali di alcuni strati della corteccia. Questa rara malattia è chiamata sclerosi laminare dell’alcolista di Morel.
  • 4. La necrosi del corpo calloso nell’alcolista è stata descritta all’inizio del secolo. Si tratta della malattia di Marchiafava-Bignami. La diagnosi viene posta, di solito, solo al momento del riscontro autoptico.
  • 5. Sono abbastanza frequenti le lesioni nella regione del tronco encefalico e dei nuclei della base. La sindrome clinica tipica è la encefalopatia di Wernicke.
  • 6. Sono descritti con sempre maggiore frequenza quadri di atrofia cerebellare, in presenza della tipica relativa sintomatologia.
  • 7. Le mielopatie alcoliche sono molto più frequenti di quanto si pensi, anche perché non sempre vengono correttamente diagnosticate. La diagnosi differenziale è resa difficile, nella fase iniziale, dalla presenza di polinevriti.
  • 8. Polineuropatia alcolica.
  • 9. Nevrite ottica alcolica.

L’alcol danneggia il midollo spinale, il tronco e i nuclei della base, il corpo calloso, il cervelletto, gli emisferi cerebrali, il sistema nervoso autonomo. Il danno porta a fenomeni di atrofia cerebrale con conseguente dilatazione degli spazi subaracnoidei e dei ventricoli cerebrali.

Possono inoltre manifestarsi micro emorragie. L’alcolista va incontro a carenza di vitamine del gruppo B, che sono indispensabili per il metabolismo delle cellule, in particolare di quelle cerebrali. Questo può essere il motivo della distruzione di un certo numero di cellule cerebrali, con la conseguente atrofia della corteccia e delle strutture sottocorticali. Ci soffermeremo in particolare sulla descrizione di alcuni quadri clinici.

Polineuropatia alcolica e complicanze fisiche dell’alcolismo

La polineuropatia alcolica è la più frequente lesione neurologica dell’alcolista. Colpisce solitamente i nervi periferici delle estremità, più raramente i nervi cranici.  

Della polineuropatia degli alcolisti si è occupato un gran numero di autori (Neudörfer B. e coll., 1985). Molte volte si parla della polineurite alcolica nonostante non si tratti di un processo infiammatorio dei nervi, ma piuttosto di un processo degenerativo, legato alla carenza di vitamina B1. La sintomatologia si manifesta con anestesia o parestesia alle piante dei piedi, alle ginocchia e talvolta alle mani. In seguito il paziente può avvertire dolori muscolari, soprattutto nella regione poplitea, accompagnati da difficoltà motorie agli arti inferiori che possono arrivare fino alla paralisi. Gli arti superiori sono colpiti più raramente e in forma più lieve. I muscoli sono ipotonici e atrofici.

A questa sintomatologia si accompagna la diminuzione, fino alla scomparsa, dei riflessi superficiali e profondi. Nella fase terminale l’ammalato può restare paralizzato. La cute può diventare più sottile, atrofica, si pigmenta di scuro, i capillari appaiono dilatati.

La diagnosi è difficile quando è presente simultaneamente un quadro di mielopatia alcolica. I sintomi della mielopatia — aumento del tono muscolare, aumento dei riflessi, presenza di riflessi patologici — possono in parte nascondere il quadro clinico della lesione periferica. Qualche volta può essere importante, per chiarire l’eziologia, appurare eventuali fattori concomitanti di natura tossica o traumatica.

Nella letteratura medica è riservata una citazione alla cosiddetta «paralisi del lunedì», o «paralisi degli amanti». Si tratta della paralisi di alcuni nervi, conseguenza di una posizione scorretta assunta nel sonno, con un arto ad esempio sotto il corpo del partner. Si manifesta spesso il lunedì, al risveglio dal sonno profondo provocato dall’eccessivo consumo di alcolici della domenica.

Un tempo era difficile la diagnosi differenziale con la tabe dorsale.

Oggi il problema si presenta molto raramente, in quanto la tabe è praticamente scomparsa. Sono inoltre sempre più rari anche i casi gravi di polineuropatia alcolica che potrebbero portare a sospettare l’esistenza di una tabe. Questo in virtù di una migliore alimentazione e grazie all’introduzione di farmaci appropriati.

La maggior parte degli autori ritiene che la polineuropatia che accompagna il beriberi sia uguale alla polineuropatia alcolica. Nell’alcolismo, però, non vi è solo la carenza di vitamina B1: un ruolo importante è rappresentato infatti anche dalla carenza di altre vitamine e forse di altre sostanze nutritive, come le proteine. Per questo motivo le polineuropatie alcoliche possono essere accompagnate da edemi e da altri sintomi caratteristici della carenza di vitamina B1. La polineuropatia alcolica si accompagna spesso alla psicosi di Korsakov (o demenza di Korsakov), che per tale motivo è anche detta psicosi poli nevritica.

La prognosi nei casi più gravi resta molto incerta. Perfino nelle forme lievi possono passare mesi prima che si avverta un miglioramento. In genere, ci si ferma ai risultati ottenuti dopo un anno dall’inizio del trattamento. Alcuni disturbi, ad esempio l’insicurezza nella deambulazione, specialmente al buio, possono perdurare sine die. Nelle forme più leggere il miglioramento soggettivo è veloce, ma quello oggettivo si ha solo dopo qualche mese, fino ad un anno.

Tremore e complicanze fisiche dell’alcolismo

Il tremore è uno dei sintomi più classici dell’alcolista, specie nella sindrome da astinenza. All’inizio vi è un tremore fine, specie alle dita, che con l’andar del tempo diviene grossolano e si estende alla lingua, alle labbra, alle estremità e al capo. Dopo un prolungato periodo di astinenza, sparisce; nei casi gravi può diventare irreversibile. La causa del tremore degli alcolisti non è ancora stata completamente chiarita (Koller W. e coll., 1985; Novotny V. e coll., 1988). 

Mielopatie alcoliche e complicanze fisiche dell’alcolismo

Le lesioni del midollo spinale dell’alcolista possono presentarsi in forme diverse. Di tutte le lesioni neurologiche in qualche modo riconducibili al consumo di alcol, queste sono le meno conosciute e vengono raramente citate. Forse ciò è dovuto al fatto che di rado si presentano isolate. Di solito sono accompagnate da lesioni del sistema nervoso periferico, per cui la diagnosi diventa particolarmente difficile, proprio come nel caso di contemporanea presenza delle polineuropatie alcoliche, di cui abbiamo già parlato. Il quadro clinico può assomigliare a quello della mielosi funicolare. Le mielopatie alcoliche si possono dividere in due gruppi:

  1. 1. Mielopatie nelle quali la lesione midollare non rappresenta la patologia principale, che è invece rappresentata da lesioni cerebrali e/o dei nervi periferici.
  2. 2. Mielopatie nelle quali la lesione midollare è primaria e domina il quadro clinico.

Dal punto di vista clinico i due gruppi si assomigliano.

Le mielopatie alcoliche provocano essenzialmente una forma più o meno grave di paralisi degli arti inferiori, e sono accompagnate da disturbi della sensibilità di tipo spinale di vario grado. Quando il quadro clinico assomiglia a quello della mielosi funicolare, bisogna escludere altre cause. Dimitri ha proposto una diversa classificazione delle lesioni midollari alcoliche. Egli distingue: atrofie di tipo midollare e poli nevritico, paraplegie spastiche, sindrome atassica pseudotabetica e forma combinata delle lesioni dei fasci posteriori e delle fibre piramidali.

I reperti anatomopatologici mostrano la degenerazione delle cellule e dei vasi del midollo e l’alterazione delle meningi. Le lesioni sono più frequenti nel rigonfiamento midollare a livello del rachide cervicale e lombare. Siamo verosimilmente di fronte a disturbi metabolici primari dell’alcolista. Le avitaminosi o le ipovitaminosi dell’alcolista sono assai significative dal punto di vista eziologico; in particolare la carenza di vitamina B1 per il primo gruppo di mielopatie, e di vitamina B12 per il secondo.

Il trattamento terapeutico richiede l’astinenza, la somministrazione di vitamine e quant’altro abbiamo descritto nel capitolo sulla terapia generale dell’alcolismo. L’optimum consiste nell’iniziare il trattamento complesso e di inserire la famiglia nel Club degli alcolisti in trattamento. Anche se si interrompe il consumo di alcol e si arresta la malattia, nei casi più gravi resteranno delle conseguenze permanenti: disturbi atassici, paresi agli arti inferiori e, nelle situazioni maggiormente compromesse, paralisi completa degli arti inferiori e a volte anche degli arti superiori.

La malattia si manifesta solitamente nello stadio più avanzato dell’alcolismo, quando non è più possibile una completa riabilitazione né medica né sociale, e si possono avere conseguenze letali. In ogni caso, se non si provvede a instaurare un appropriato trattamento, ed una terapia medica, si arriva gradualmente ad una totale invalidità, con imponente decadimento generale e infine al decesso.

Ematoma subdurale e complicanze fisiche dell’alcolismo

Negli alcolisti l’emorragia nello spazio subdurale è di origine venosa e si ritiene, in genere, che sia causata da un trauma. L’ematoma subdurale è più frequente nell’alcolista che nel non alcolista. Questo si spiega forse col fatto che l’alcolista è facilmente soggetto a traumi e che inoltre presenta lesioni da alcol nelle vene dello spazio subdurale. L’alcol danneggia infatti i vasi, per cui nell’alcolista le vene si rompono più facilmente con conseguenti emorragie, anche in concomitanza a lievi traumi cranici. Poiché l’alcolista va spesso incontro a traumi cranici da caduta o da incidente, l’emorragia subdurale, con conseguente raccolta ematica nello spazio subdurale, è accadimento di una certa frequenza. L’ematoma subdurale, talvolta anche bilaterale, costituisce, nell’alcolista, una seria complicanza del trauma cranico.

Il quadro clinico è caratterizzato da cefalea, emiparesi, disturbi della fasia (se l’ematoma si trova nell’emisfero dominante), stato confusionale, vomito e infine il coma. A volte la malattia insorge lentamente, spesso si presenta in forma acuta a breve distanza di tempo dal trauma. Vi sono casi in cui passano giorni, qualche volta mesi o addirittura anni, prima che si manifestino i primi sintomi.

La diagnosi può essere molto ardua,

in particolare quando si ha a che fare con dei soggetti in stato di intossicazione acuta da alcol e quindi non collaboranti. Bisogna tener conto di questa possibilità per poter intervenire chirurgicamente con tempestività evitando l’aggravamento del paziente e i conseguenti maggiori rischi operatori. Per arrivare a una diagnosi rapida hanno una grande importanza alcuni esami. Il più semplice è la ecoencefalografia, che segnala l’eventuale deviazione delle strutture mediali del cervello.

Naturalmente l’esame più utile e importante è dato dalla tomografia assiale computerizzata (TAC). Non bisogna dimenticare che relativamente spesso l’ematoma subdurale è bilaterale. Come abbiamo già detto l’ematoma subdurale deve essere trattato chirurgicamente e l’intervento, considerati i rischi dell’evoluzione del quadro clinico, deve essere eseguito il più presto possibile. La famiglia deve essere indirizzata immediatamente al Club degli alcolisti in trattamento. Il paziente verrà avviato al trattamento non appena glielo permetteranno le sue condizioni fisiche.

Atrofia cerebrale e complicanze fisiche dell’alcolismo

Atrofia significa perdita di materia, diminuzione, rimpicciolimento di un organo. La perdita della materia cerebrale (atrofia cerebrale) dell’alcolista si manifesta in seguito a una costante e prolungata intossicazione alcolica. Di solito è un’atrofia diffusa sia a livello della corteccia (atrofia corticale) che delle parti profonde del cervello (atrofia sottocorticale).

L’atrofia cerebrale può essere individuata attraverso esami ecografici e neuroradiologici (TAC), che mostrano una dilatazione degli spazi cerebrali (solchi e ventricoli). L’atrofia può essere prevalentemente corticale, o prevalentemente sottocorticale. Nelle atrofie sottocorticali la dilatazione dei ventricoli è maggiore. Più frequenti sono le atrofie combinate, corticali e sottocorticali.

Il quadro clinico non corrisponde necessariamente alla gravità dell’atrofia cerebrale. L’atrofia cerebrale, nell’alcolista, non ha un valore prognostico ben preciso. Esistono casi di marcata atrofia, nei quali si ha un buon miglioramento, e, parimenti, casi con una prognosi infausta, nei quali l’atrofia cerebrale è modesta. La prognosi dipende invece dalla localizzazione del processo atrofico e dal grado di compromissione di alcuni fasci neuronali. Naturalmente, se non si intraprende il trattamento, il quadro lentamente continuerà a peggiorare.

L’atrofia cerebrale si manifesta nel 90% di tutti i casi gravi di alcolismo

(Hudolin Vl., 1962, 1980) ed è responsabile, probabilmente, del decadimento intellettivo e morale del soggetto. Secondo l’attuale orientamento, i disturbi atrofici cerebrali dell’alcolista sono una conseguenza dei disturbi metabolici provocati dall’alcol. Molto probabilmente questi si manifestano in conseguenza della carenza di vitamine, in particolare di quelle del gruppo B. Qualche volta l’atrofia cerebrale dell’alcolista è messa in relazione con i traumi cranici cui l’alcolista va spesso soggetto. Alcuni autori ritengono invece che l’atrofia sia primaria e che quindi non si manifesti a causa dell’alcol, ma per qualche altro motivo. L’alcolismo ne sarebbe una conseguenza. Questa ipotesi non è mai stata dimostrata. Se il soggetto è anziano, bisogna naturalmente prendere in considerazione anche i quadri di atrofia da demenza presenile o senile.

L’atrofia, in quanto lesione irreversibile, non può essere curata. L’unica cosa da fare è smettere di bere e iniziare subito il trattamento complesso nella comunità multifamiliare del Club degli alcolisti in trattamento. Nella maggior parte dei casi si avrà un miglioramento, verosimilmente perché le zone del cervello non danneggiate vicariano in parte le funzioni di quelle danneggiate. Se si è già arrivati ad un quadro di demenza, sarà molto difficile, anche con l’astinenza, recuperare l’autonomia e l’autosufficienza. In questo caso l’alcolista resterà a totale carico della propria famiglia e del Club. È uno dei rari casi in cui si sviluppa questo tipo di dipendenza dal Club. Del resto ci pare comunque migliore questa situazione, rispetto alle continue ricadute e al costante aggravarsi di chi continuasse a bere.

Atrofia cerebellare

L’atrofia cerebellare dell’alcolista è una lesione che negli ultimi anni è stata descritta molto spesso. Appartiene al grande gruppo delle encefalopatie alcoliche. Da un punto di vista anatomopatologico se ne distinguono due forme. La prima colpisce prevalentemente gli strati profondi; la seconda colpisce prevalentemente la corteccia, e soprattutto le grandi cellule del Purkinje, in particolare le sezioni superiori e anteriori del verme. Di norma assieme all’atrofia cerebellare è presente anche l’atrofia cerebrale.

Il quadro clinico è caratterizzato da disturbi dell’equilibrio e da tremori. Possono anche essere presenti sintomi progressivi di demenza. Il decorso della malattia può essere sia lento che rapido; vi sono casi che permangono a lungo stazionari. Disturbi cerebellari compaiono nella maggior parte degli alcolisti e si manifestano con incapacità di coordinazione, disartria, tremori, atassia e disturbi nella deambulazione.

È probabile che, come nel caso delle altre encefalopatie alcoliche, le cause dell’atrofia cerebellare vadano ricercate nel deficit alimentare, con particolare riguardo alla carenza di vitamina B1, ma non si può neanche escludere l’azione tossica diretta dell’alcol. Anche in questo caso il trattamento consiste nella somministrazione di vitamine e nell’inserimento dell’alcolista e della sua famiglia nel Club degli alcolisti in trattamento o in qualche altro gruppo di autoprotezione e di autoaiuto.

Sclerosi laminare di Morel

Si tratta di una tipica malattia degli alcolisti, descritta da Morel nel 1939. Si manifesta con lesioni di alcuni strati dei neuroni della corteccia cerebrale, specialmente del terzo strato. È presente degenerazione spugnosa e gliosi. Morel ha descritto tre casi nei quali, oltre alla sclerosi laminare, non erano presenti altri segni anatomopatologici di encefalopatia alcolica. Qualche volta, come la letteratura recentemente ha descritto, si riscontra la stessa lesione nella necrosi alcolica del corpo calloso.

Necrosi alcolica del corpo calloso

Questa malattia fu descritta per la prima volta dagli italiani Marchiafava E. e Bignami A. nel 1903. È caratterizzata da lesioni localizzate soprattutto nella zona centrale e frontale del corpo calloso, che è la principale struttura di collegamento tra i due emisferi cerebrali. Le lesioni sono di tipo degenerativo e arrivano fino alla necrosi. Per questo la malattia viene anche detta necrosi alcolica del corpo calloso. Si tratta di una malattia molto rara, la cui diagnosi è possibile solo a livello autoptico. La diagnosi clinica è praticamente impossibile (Lolli G., 1941).

Un tempo si riteneva che la malattia colpisse le persone che consumavano una qualità particolare di vino. In realtà, come è stato poi accertato, si manifesta anche nei soggetti che consumano altri tipi di alcolici. È stata scoperta in tutte le etnie. Di recente, alcuni autori, rilevando l’accentuata somiglianza tra questa malattia e la encefalopatia di Wernicke, ne hanno messo in dubbio l’autonomia.

Da parte nostra, abbiamo osservato, ricorrendo alla pneumoencefalografia, lievi lesioni del corpo calloso tra gli alcolisti, anche quando non era presente il quadro clinico dell’encefalopatia di Wernicke o quello della demenza grave (Hudolin Vl., 1962). Il quadro elettroencefalografico è abbastanza tipico per la presenza di onde lente variamente organizzate che potrebbero essere indicative di questa malattia.

Di una certa utilità per la diagnosi delle forme latenti potrebbero essere la pneumoencefalografia e la TAC.

Un recente strumento diagnostico che potrebbe risultare essenziale nello studio di tutte le cerebropatie qui descritte è rappresentato dalla Risonanza Magnetica Nucleare (NMR).

Il quadro anatomopatologico è caratterizzato da fenomeni di demielinizzazione. Sono peraltro colpiti anche gli assoni e questo può far pensare alla mielinosi centrale pontina. In alcuni casi è stata accertata la lesione del nervo ottico; si trattava in genere di soggetti con un forte deficit alimentare. Oltre a queste lesioni caratteristiche, la malattia di Marchiafava-Bignami provoca lesioni in altre zone del sistema nervoso centrale, che ricordano la malattia di Wernicke.

Abbiamo visto che oggi prevale l’ipotesi di una correlazione tra la malattia di Marchiafava-Bignami e le altre encefalopatie dell’alcolista; si tratterebbe cioè di una patologia unica, con diversi quadri sintomatologici individuali. La malattia porta rapidamente a morte prima di essere diagnosticata.

Encefalopatia di Wernicke

La poliencefalite emorragica acuta superiore è una sindrome clinica descritta da Wernicke K. in tre casi studiati nel 1881. Una sindrome molto simile è stata descritta nel 1875 in Francia da Gayet. I francesi perciò chiamano questa malattia encefalopatia di Gayet-Wernicke. Dei tre casi descritti da Wernicke K. nel 1881 solo due riguardavano alcolisti. Nel terzo caso si trattava di un quadro cachettico causato dalla stenosi del piloro in seguito ad un tentativo di suicidio con acidi. Successivamente sono stati descritti molti altri casi (Joliffe N. e coll., 1941). Il quadro anatomopatologico rivela l’esistenza di microemorragie e di fenomeni degenerativi in alcune regioni cerebrali, in particolare nel tronco, nella zona del III ventricolo e nelle vicinanze dell’acquedotto di Silvio.

La malattia si manifesta talvolta all’improvviso,

in forma acuta, in presenza però di un fattore scatenante: stato febbrile, disturbi gastroenterici, tubercolosi, traumi. Talvolta la encefalopatia di Wernicke fa seguito immediatamente al delirium tremens. La malattia si manifesta con inappetenza, vomito, nistagmo, paralisi dei muscoli oculari, alterazione dei riflessi pupillari (talvolta ricordano la pupilla di Argyll-Robertson). Qualche volta sono presenti delirio, disturbi della coscienza, atassia e insonnia. È spesso accompagnata da sintomi di polineuropatie e può essere presente la nevrite ottica retro bulbare. Già nella fase iniziale le condizioni del paziente sono molto gravi. Il quadro elettroencefalografico mostra un rallentamento diffuso del ritmo.

La malattia, ove non curata, ha una prognosi infausta.

A essa si collega spesso la psicosi di Korsakov con demenza più o meno accentuata. Fondamentale, come sempre, il coinvolgimento della famiglia e il suo inserimento nel Club degli alcolisti in trattamento. Il paziente inizierà il trattamento non appena glielo permetteranno le sue condizioni psicofisiche. La encefalopatia di Wernicke ha molte caratteristiche in comune con altre encefalopatie, ad esempio la sindrome di Korsakov e la malattia di Marchiafava-Bignami, per cui molti autori ritengono si tratti della stessa malattia. Da taluni è definita sindrome di Wernicke-Korsakov (Victor M. e coll., 1971).

Diagnostica neurologica: esame del liquor, ecoencefalografia, elettroencefalografia

Ci limitiamo a ricordare quegli esami che di solito non sono citati nelle altre branche della medicina. Cominciamo con l’esame del liquor. Il liquor è quel liquido che riempie gli spazi subaracnoidei cerebrospinali e i ventricoli cerebrali. Le alterazioni del liquor che abbiamo descritto non sono né costanti, né tanto meno caratteristiche dell’alcolismo. Queste alterazioni si riscontrano sia nei soggetti in stato di intossicazione acuta da alcol, sia negli alcolisti. Di solito si registra un lieve aumento delle albumine totali, un lieve aumento del numero delle cellule e talvolta alterazioni delle reazioni colloidali.

Con lo sviluppo della diagnostica tramite ultrasuoni l’ecoencefalografia viene applicata sempre più spesso nella pratica clinica. L’ecoencefalografia permette di accertare il grado di deviazione delle strutture cerebrali, e misurare la dilatazione dei ventricoli, in particolare del III ventricolo e degli spazi subaracnoidei. L’ecoencefalografia offre diverse possibilità.

Nei casi di sospetto ematoma subdurale

, si può arrivare immediatamente ad una diagnosi corretta: l’ecoencefalogramma mostrerà la deviazione delle strutture e in qualche caso localizzerà anche l’ematoma. Con questa tecnica si può inoltre accertare l’eventuale atrofia cerebrale, dimostrata dalla dilatazione dei ventricoli e degli spazi subaracnoidei. L’esame è molto semplice, indolore ed eseguibile, se necessario, anche ambulatorialmente.

Le alterazioni elettroencefalografiche hanno grande importanza nella diagnosi differenziale e nel trattamento dell’epilessia alcolica. Per il resto, l’elettroencefalografia nella pratica clinica ha perso di interesse, specie dopo l’introduzione di nuove metodiche come l’ecoencefalografia e la TAC. L’esame elettroencefalografico riveste ancora una certa importanza, ai fini diagnostici e prognostici, quando si è in presenza di attacchi epilettici alcolcorrelati. L’elettroencefalografia è particolarmente utile per monitorare nel tempo i risultati del trattamento antiepilettico, e può giovare a determinare l’idoneità lavorativa dei soggetti che soffrono di attacchi epilettici.

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3 commenti su “Le complicanze fisiche dell’alcolismo”

  1. Riflessioni 12°Capitolo(3 Hudolin)

    Da questo capitolo si evince come l’alcool potrebbe senza ombra di dubbio essere il miglior agente del Mossad o di qualsiasi altro apparato spionistico mondiale,capace di saper infliggere ogni tipo di tortura,a corpo e spirito,atta al dolore.
    Mettendo da parte i paragoni, è impressionante la vastità di patologie alcolcorrelate, che vanno ad intaccare ovunque,in tutti gli apparati,dalle unghie dei piedi, all’ultimo capello lassù, passando sempre per lo spirito,vera vittima della cultura alcolica,non della sostanza in sé,se dovessi additare la sostanza, dovrei farlo anche con l’arsenico,con l’antrace,con tutto ciò che avvelena insomma,ma se non si assumono,non fanno nulla,anzi,hanno utilizzi positivi.
    Mi ha molto colpito poi un passaggio che Hudolin affronta nella sezione dell’atrofia cerebrale,in cui scrive:
    “L’atrofia, in quanto lesione irreversibile, non può essere curata. L’unica cosa da fare è smettere di bere e iniziare subito il trattamento complesso nella comunità multifamiliare del Club degli alcolisti in trattamento(oggi Club Alcologici Territoriali). Nella maggior parte dei casi si avrà un miglioramento, verosimilmente perché le zone del cervello non danneggiate vicariano in parte le funzioni di quelle danneggiate. Se si è già arrivati ad un quadro di demenza, sarà molto difficile, anche con l’astinenza, recuperare l’autonomia e l’autosufficienza. In questo caso l’alcolista resterà a totale carico della propria famiglia e del Club. È uno dei rari casi in cui si sviluppa questo tipo di dipendenza dal Club. Del resto ci pare comunque migliore questa situazione, rispetto alle continue ricadute e al costante aggravarsi di chi continuasse a bere.”
    È palese come il Professore rispettasse l’essere umano soprattutto dal punto di vista spirituale, volendo dare anche a chi non poteva più tornare indietro a livello fisico e mentale,una sorta di pace antrospirituale, consapevolizzando famiglia e Club,e di come riteneva quest’ultimo parte imprescindibile di qualsiasi trattamento correlato e medicale per tutte le patologie occorse a seguito di utilizzo alcolico, insomma, quello che io promuovo senza mezzi termini come”la Spa dello spirito”.

    Bruno.

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